Si scava tra appalti, boss e mire speculative. Ipotesi patto camorra – ‘ndrangheta
| di Redazionedi Antonio Manzo, (Il Mattino)
Altro che isola felice. Angelo Vassallo era il primo cittadino di un territorio dove, fin dagli anni Novanta, è stata stretta e cementata la più feconda delle alleanze tra la camorra campana e la ‘ndrangheta calabrese. E che ora riappare sullo sfondo delle indagini della Procura antimafia di Salerno sul delitto eccellente del sindaco pescatore, eliminato "a scopo preventivo", per dirla con gli inquirenti salernitani. Sì, proprio ad Acciaroli — il paese che ora piange il suo sindaco, vittima, secondo la procura antimafia, di un "omicidio politico-mafioso e affaristico" – fu costituita la più redditizia "società per azioni" criminale che avviò il sacco edilizio del Tirreno. È ad Acciaroli, infatti, che Francesco Muto, il "re del pesce" di Cetraro e capo di una delle più agguerrite ‘ndrine che ipoteca affari e crimine dell’alto Tirreno, scontò quattro anni di soggiorno obbligato ma restando in servizio criminale permanente ed effettivo. Quattro lunghi anni, vissuti in un albergo sul lungomare della "perla del Cilento" dove riceveva i capi della camorra nocerina, come Mario Pepe, l’ultimo dei cutoliani che si salvò perchè si pentì e accusò Pasquale Galasso e Carmine Alfieri, e "discepoli" come Vito Gallo, il narcotrafficante che riceveva pacchi di cocaina, via aereo, direttamente sull’aviosuperficie di Teggiano, nel cuore del Vallo di Diano. Camorra e ‘ndrangheta, una lunga scia di affari criminali su due direttrici inventate e gestite da Francesco Muto negli anni della "villeggiatura forzata" ad Acciaroli: droga nel Vallo di Diano (poi consegnata ai clan di Torre del Greco e Secondigliano).
E ancora affari edilizi e speculativi tra Pioppi, Acciaroli e Ascea in jont-venture con la camorra imprenditrice dell’Agro nocerino. Vecchi fascicoli della polizia giudiziaria, della procura antimafia di Catanzaro e di Salerno, vengono ora attentamente riletti dal procuratore antimafia di Salerno Franco Roberti e dai suoi collaboratori. In queste prime ore di indagini storie criminali come queste vengono ripescate, alla luce della tragica attualità. Non è certo l’unica pista investigativa: sul tavolo degli inquirenti c’è la vicenda delle concessioni per la gestione del porto, che Vassallo voleva tutta in mano pubblica, gli appalti sempre per il porto (il secondo lotto, quattro milioni e mezzo di euro, non assegnato per la verifica di un’offerta anomala, quindi, appalto bloccato).
E poi gli atti firmati dello stesso sindaco come quel certificato per il ricovero nel reparto di psichiatria all’ospedale di Vallo di Franco Mastrogiovanni. In queste ore gli investigatori riscoprono anche vecchie minacce rivolte al sindaco Vassallo su internet per la vicenda del maestro più buono d’Italia, morto dopo quattro giorni di ricovero coatto. Ma è sul patto camorra-‘ndrangheta che gli investigatori indagano: lo riattualizzano perché proprio gli uomini nuovi della «spa del crimine campano-calabrese» avrebbero potuto concepire e attuare con l’eliminazione del sindaco scomodo.
C’è un particolare che ha colpito gli inquirenti salernitani: il boss Francesco Muto, secondo il racconto del superpentito di camorra Mario Pepe, riuscì a impossessarsi della prima pescheria all’ingresso di Acciaroli. Sì, proprio Muto, fu arrestato dalla procura di Vallo della Lucania nel settembre del ’95 per usura ed estorsione in danno del titolare di una pescheria. Una conferma plastica che Muto ad Acciaroli non stette con le mani in mano nei quattro anni del soggiorno obbligato. Sempre Pepe, ai magistrati della Dda di Catanzaro che hanno indagato sulla potente ‘ndrina di Cetraro, racconta: «Debbo la mia vita a Francesco Muto. Fu proprio ad Acciaroli che Muto convinse gli emissari di Carmine Alfieri e Pasquale Galasso a non pronunciare contro di me una sentenza di morte». Storie antiche? Datate? Ma tutte ripescate per verificare la tenuta di un’alleanza che avrebbe potuto decretare la fine di Vassallo proprio per riappropriarsi del territorio, in grande stile, con speculazioni immobiliari (tipiche della camorra degli affari dell’agro nocerino sarnese). Le stesse speculazioni che, come risulta dai fascicoli della Dda di Catanzaro, Muto organizzò con clan napoletani e nocerini con il saccheggio edilizio della costa tirrenica, da Scalea a Cetraro. Attivissimo Muto. Tanto attivo da spingere i nemici storici di Vassallo, una volta conquistato il comune nel ’94, a spedire raffiche di esposti anonimi alla procura della Repubblica di Vallo con l’accusa di presunti rapporti tra il "re del pesce" e il sindaco neo eletto: decine e decine di esposti sui quali sono state svolte approfondite indagini. Quelle accuse anonime, tutte verificate ed archiviate, facevano riferimento proprio a presunti rapporti tra lo stesso Muto e il pescatore che sarebbe poi diventato sindaco e avrebbe negli anni "rivoluzionato" Acciaroli. «Reiterate indagini – dice un inquirente – tutte senza risultati». Fiammelle che ogni tanto vengono riaccese per tornare a screditare, perfino in morte, Angelo Vassallo? Anche questo interrogativo è al centro delle indagini dell’Antimafia salernitana che delinea lo scenario del «delitto eccellente politico-mafioso a scopo preventivo». Cioè quei killer mandati a uccidere Vassallo, con il compito di eliminare, come dice un pm, «l’ultimo ostacolo per sfondare il muro della legalità» con nove colpi di calibro nove
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