Dopo il crollo dell’albero, ora l’università di Salerno «fa acqua» da tutte le parti: aule allagate

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Dopo il crollo dell’albero, ora l’università di Salerno «fa acqua» da tutte le parti: aule allagate

«Buongiorno dagli iscritti al TFA». È così che, con un tocco di ironia amara, gli studenti del Tirocinio Formativo Attivo (TFA) dell’Università di Salerno hanno commentato i disagi causati dal maltempo che ha colpito il campus di Fisciano durante il weekend. Le forti piogge e il vento intenso, ormai una costante degli ultimi mesi, hanno trasformato il fine settimana di formazione in un’odissea tra aule allagate e percorsi impraticabili.

Le immagini e i video diffusi sui social parlano chiaro: corridoi allagati, pozzanghere che invadono gli spazi comuni e studenti costretti a fare veri e propri slalom per raggiungere le aule. Particolarmente colpito l’edificio F3, situato nei pressi del punto dove, appena due mesi fa, un albero abbattuto dal vento ferì gravemente tre giovani, lasciando ferite non solo fisiche ma anche emotive tra chi frequenta quotidianamente il campus.

Un déjà vu preoccupante

Il maltempo di questo weekend ha riportato alla mente quel tragico 30 novembre, quando un violento temporale si abbatté sull’Università di Salerno, causando danni ingenti e riaccendendo le polemiche sulla gestione delle emergenze meteorologiche. Allora come oggi, le precipitazioni hanno reso impossibile frequentare il campus senza incorrere in difficoltà. Gli studenti si sono ritrovati ad attraversare spazi trasformati in laghetti improvvisati, mentre il personale addetto alle pulizie cercava di contenere i danni con mezzi evidentemente insufficienti.

Non è la prima volta che l’ateneo finisce sotto accusa per la sua vulnerabilità agli eventi atmosferici estremi. Negli anni, episodi di crolli di pannelli e intonaci, infiltrazioni e alberi abbattuti hanno alimentato un malcontento diffuso tra gli iscritti.

Polemiche e richieste di cambiamento

La situazione ha inevitabilmente acceso un dibattito acceso tra gli studenti. «Perché non si chiudono i corsi quando ci sono allerte meteo?», si chiedono in molti. In un contesto in cui le lezioni online sono già una realtà consolidata, l’idea di sospendere le attività in presenza nei giorni di maltempo sembra a molti una soluzione logica e necessaria.

Tuttavia, le divisioni non mancano. Se da un lato c’è chi accetta la situazione con rassegnazione («È sempre stato così»), dall’altro emergono voci più battagliere: «Non significa che non si possa migliorare. Solo pochi mesi fa tre colleghi sono rimasti coinvolti in un incidente. Noi c’eravamo e continuiamo a studiare qui. È inaccettabile».

Un ulteriore punto di tensione riguarda l’obbligo di presenza nei corsi del TFA, il cui costo di iscrizione si aggira intorno ai 3.000 euro. «Le assenze vengono conteggiate – lamentano gli studenti – e restare a casa per evitare i disagi del maltempo significherebbe compromettere il percorso formativo. Non abbiamo scelta».

Un appello per il futuro

Di fronte a questa nuova ondata di disagi, l’appello degli studenti è unanime: «Non facciamoci la guerra tra di noi, ma cerchiamo di cambiare le cose». Una richiesta che va oltre la polemica spicciola e che mira a promuovere un dialogo costruttivo con l’ateneo per garantire sicurezza e dignità a chi, ogni giorno, affronta sacrifici per costruire il proprio futuro.

L’auspicio è che episodi come quelli di questo weekend servano da lezione per implementare soluzioni strutturali e organizzative, prevenendo ulteriori disagi e tragedie. Nel frattempo, gli iscritti al TFA continueranno a far sentire la propria voce, anche tra le onde di una tempesta che sembra non voler lasciare tregua.

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