Caso Vassallo: quel sipario sta per chiudersi tra il silenzio colpevole dei cilentani.
| di Maurizio TroccoliE’ trascorso un mese dalla morte di Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, barbaramente assassinato per motivi ancora da chiarire.
Questa di per se non è una notizia. Di fronte alla morte di un uomo non è un mese, un giorno, un anno, una vita intera a ricordare l’opportunità di fare memoria. Quanto può esserlo piuttosto la necessità di fare verità.
E sicuramente neppure questo articolo vale come una notizia, perché non ce ne sono da dare, o comunque chi scrive non è in grado di fornire verità nuove ed accertate sullo sviluppo delle indagini. Sicuramente per propria colpa. Sicuramente perché non ha svolto in pieno il suo compito di cronista, che lo vuole esploratore di verità, fossero esse anche scomode, per rivelarle al pubblico.
Questo però non ci sottrae dal compito residuo di continuare a fare luce, a sollecitare domande, a tenere accesa l’attenzione su quanto avvenuto. Almeno per sottrarci ai desideri di chi spera che presto sopraggiunga il silenzio, che presto si ritorni alla calma apparente e che quindi altrettanto presto si possano celebrare gli incontri noti, dietro le quinte del potere, lontani dai riflettori, per incassare qualche nuovo appalto, per penetrare ulteriormente il tessuto sociale sfibrato di un sud supino e omertoso, colpevole esso si del ritardo di un riscatto sociale, economico, politico e culturale.
Qualunque sia la causa della morte di quell’uomo è valsa almeno come onda d’urto contro l’apatia e la rassegnazione. Col rischio di spegnersi appena dopo evvero.
Sta a chi fa informazione locale, a chi fa politica locale, cultura locale a non fare sonnecchiare le proprie menti e le proprie azioni, ora che le grandi tv, i grandi giornali sono tornati ad occuparsi di altri fatti.
Fino ad oggi i cilentani si scontravano con un universo di persone a cui questo territorio appare sconosciuto. Al più qualcuno confonde il Cilento con il Salento, per un equivoco lessicale. A questo anonimato rispondevano col piglio di chi pensa: “Non sai che ti sei perso”, o almeno questo vuol far credere rispondendo che il Cilento non ha nulla a che vedere con Napoli, con la Campania e forse anche con Salerno. Perché il Cilento pratica la raccolta differenziata, ha il mare pulito, non ha industrie che scaricano a mare, ha come antenati i briganti e come patria la Lucania, sulle coste le torri saracene e nell’entroterra le roccaforti medievali, la mafia l’abbiamo tenuta sempre lontano, nessuno paga il pizzo e sulle porte delle nostre case, almeno in alcuni casi, trovi ancora le chiavi appese.
Non basta questo lungo rosario e la profonda convinzione che probabilmente si stia dicendo la verità a darci la serenità di recitarlo come prima. La dice lunga l’altra pagina di questo libro cilentano che all’indomani dei fatti di Pollica è impegnato sui grandi temi del Principato.
Il Cilento è stato attaccato nella sua intima identità: storica, antropologica, sociale. Colpire un sindaco di un piccolo comune ha il valore di un indietreggiamento collettivo, dal quale è pressoché impossibile difendersi.
Nessuno al di la di questi fragili confini cilentani si porrà un simile problema. A tutti questa storia può andare bene così. Può chiudersi qui. L’immagine di un Cilento non più distinto e distante dal perimetro del malaffare è ben delineata. E nessuno è interessato a cancellarla.
Il silenzio dei cilentani potrebbe essere l’ultimo punto da aggiungere ad un epitaffio scritto da altri, supinamente accolto.
Lo sappiano i sindaci che non hanno speso una parola su questa vicenda. Lo sappiano i consiglieri comunali che non hanno fermato il consiglio per una profonda riflessione sul pericolo di alcune scelte e di alcune relazioni. Lo sappia chi zittisce rispetto alle edificazioni abusive vicino casa propria. Lo sappia chi scambia il proprio voto per promesse e favori. Lo sappia chi ha una naturale propensione alla venerazione dell’autorità, soprattutto quando questa viene confusa con il denaro ed il potere. Lo sappia chi coltiva esclusivamente interessi individuali. Chi si vanta per avere gettato la spugna o per farsi solo i fatti propri, e chi trama per scalare la vetta anche se questa si regge sulle ceneri.
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