“Èlite senza potere”: svestire la vita dei politici è utile alla democrazia?
| di Redazionedi Antonio Calicchio
Negli anni sessanta del secolo scorso, il sociologo Francesco Alberoni ha realizzato una ricerca in merito al divismo, cui ha dato, appunto, il titolo l’Èlite senza potere. La quale ricerca dimostrava una differenza essenziale tra l’Italia ed i Paesi anglosassoni che – dopo tanti anni – non si è ridotta e che aiuta a comprendere la specificità del nostro Paese, insieme alle sue dinamiche politiche. L’élite dei divi era, ed è, composta da personaggi dello spettacolo, cantanti, attori, conduttori. Cui si possono aggiungere figure di rilievo internazionale come i regnanti inglesi o il presidente degli Stati Uniti e sua moglie. Soggetti noti, certo, ma che non occupano posizioni istituzionali di potere nel nostro Paese, vale a dire che non sono politici, ministri, alti funzionari dello Stato o giudici.
Orbene, i mass media si interessavano, e si interessano, tuttora, della loro vita privata. Li seguono in casa, in vacanza, nella stanza da letto; li fotografano, anche di nascosto, li inseguono con le telecamere, coi teleobiettivi. Parlano, in maniera particolareggiata, delle loro nozze, dei loro figli, delle loro storie d’amore, delle loro separazioni. Si può affermare che essi rappresentano materia selezionata del pettegolezzo collettivo, in una società costituita da milioni di persone.
Per contro, i medesimi mass media – in Italia – non si occupano, e continuano a non occuparsi, della vita privata dei membri dell’élite del potere. Tali personaggi interessano solamente ed unicamente sotto il profilo ufficiale. I mass media li mostrano nell’esplicazione della loro funzione, illustrano i loro programmi, le loro dichiarazioni, i loro proclami. Non parlano – come accade, invece, per gli altri – delle loro abitazioni, dei loro sentimenti o dei loro amici.
Questa netta ed assoluta distinzione non esiste nei Paesi anglosassoni in cui, invece, la vita privata dei politici e dei grandi funzionari viene passata al setaccio al pari – e, forse, più – di quella pubblica ed ufficiale. Ed infatti, continuano ad emergere scandali di origine sentimentale. Vari candidati alla presidenza degli Stati Uniti sono stati costretti a rinunziare alla carriera politica a causa della scoperta, ad opera dei giornalisti, delle loro relazioni romantiche. I governi inglesi sono stati ripetutamente decimati dagli scandali di natura amorosa dei loro ministri.
Gli Italiani considerano gli Anglosassoni puritani e codini. Agli Italiani non importa se un ministro frequenta discoteche o vita mondana, se è sposato o meno. Gli Italiani sono tolleranti. Ma gli Americani e gli Inglesi non sono tanto ingenui come si può pensare. Essi sono convinti che chi mente, chi tradisce, chi è meschino nella vita privata, non sarà diverso nella vita pubblica. Non scelgono i loro candidati soltanto sulla base dei programmi e delle promesse. Vogliono vedere dove, con chi e come vivono, dove abitano e come vestono. Come agiscono nella vita quotidiana, concreta, come utilizzano realmente il loro potere.
Se, nel nostro Paese, si fosse avuto un giornalismo simile, allora i nostri politici sarebbero stati valutati diversamente. Quantomeno, ci si sarebbe resi conto che alcuni di loro e alcuni alti funzionari conducevano una vita eccessivamente lussuosa. Non sto proponendo il modello anglosassone. Occorre rifiutare l’intolleranza e l’inquisizione. Però, appare – sempre e comunque – fondamentale osservare e valutare moralmente una persona nella sua interezza.
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