Enrico Melozzi, direttore d’orchestra e star di Sanremo: «Un sogno? Inaugurare la stagione del San Carlo»
| di Marianna ValloneTalento ed energia, decisamente un po’ rock, Enrico Melozzi, violoncellista, compositore, produttore discografico e direttore d’orchestra, è diventato anche star del Festival di Sanremo, dopo aver accompagnato i Maneskin alla vittoria nel 2021. Abruzzesse, classe 1977, ha cominciato a studiare pianoforte all’età di 8 anni, per poi decidere di dedicarsi al canto lirico. Successivamente, dopo essersi diplomato in violoncello, è diventato assistente di Michael Riessler nel 1999 e ha avuto la possibilità di lavorare con importanti musicisti come Sabine Meyer, Paolo Fresu e Simon Stockhausen. La sua bacchetta un po’ rock lo ha reso uno dei volti più noti e simpatici del panorama musicale italiano. Nel corso della sua carriera ha composto numerose colonne sonore per lungometraggi, cortometraggi e spettacoli teatrali. Lo scorso maggio è stato ospite di Racconti d’estate, l’iniziativa promossa da dLiveMedia, in collaborazione con il Comune di Pellezzano.
La sua carriera ha attraversato molte sfaccettature della musica, dalla direzione d’orchestra alla composizione di colonne sonore. Quale aspetto della sua professione le dà più soddisfazione?
Sono una persona che si annoia con una facilità enorme, quindi nel giro di poco tempo mi stufo e questo è il motivo per cui io ho escogitato questo sistema di passare da un genere musicale a un altro, in maniera molto fluida. La musica classica, la lirica, la musica pop rock, Sanremo, la televisione, musica popolare, eccetera, è un continuo ricercare. L’aspetto che mi piace più della mia della mia professione è proprio questa capacità che sono riuscito a sviluppare, passare da un genere a un altro e quindi fondamentalmente di non percepire mai la noia.
E’ senza dubbio il direttore d’orchestra star del Festival di Sanremo, dopo aver accompagnato i Maneskin alla vittoria. Come è stato lavorare con loro e qual è il ricordo di quei momenti?
Ma sicuramente il 2021 è stato un anno cruciale per la mia carriera perché di fatto loro erano arrivati a me per la mia reputazione che era una reputazione però tecnica, che grazie a loro è diventata di dominio pubblico, mi ha fatto molto piacere perché la musica rock più dura a me è sempre piaciuta. L’ho fatta fin da ragazzino e continuo a farla. E’ un linguaggio che adoro. Ricordo quei giorni anche con un po’ di angoscia, di tristezza perché stavamo in un teatro Ariston vuoto per il Covid. E’ stato veramente pesante e questa cosa oggi mi fa apprezzare ancora di più la libertà che noi dimentichiamo spesso di avere.
Il suo stile di direzione è stato descritto come ‘un po’ rock’. In che modo riesce a integrare questo approccio innovativo nella musica classica e orchestrale?
Siamo veramente in pochi a utilizzare una tecnica di direzione d’orchestra energica, molto energica e molto sportiva, per certi versi anche sopra le righe. Per quanto riguarda l’approccio innovativo ci terrei tanto a dire che in passato, nel seicento, nel settecento la musica era molto più simile al rock di oggi di quanto noi possiamo immaginare. Vivaldi era sicuramente un personaggio strano, veramente punk rock, perché si dipingeva il volto di nero durante i suoi concerti, c’era la gente che sveniva ai concerti di Paganini. La musica all’epoca era molto molto più vicina al rock di quanto noi possiamo pensare, poi si è un po’ rovinato tutto dal secondo dopoguerra in poi. Oggi sono un personaggio innovativo ma se fossi vissuto nel settecento sarei stata una persona comune.
Guardando al futuro, quali sono i tuoi progetti più ambiziosi vorrebbe realizzare?
Mi piacerebbe tantissimo inaugurare la stagione del San Carlo di Napoli con una mia opera, sarebbe veramente un mio sogno. E’ molto difficile oggi perché purtroppo i teatri lirici sono più vicini ai musei che al teatro com’era inteso una volta. Il teatro una volta era teatro di contemporaneità, era una specie di telegiornale. Si andava in scena nel giro di pochi giorni, oggi iniziano a lavorarci cinque anni prima, è un mondo completamente diverso. Spero in una nuova legge per il teatro lirico che lo costringa a vivere più nella contemporaneità.
©Riproduzione riservata