Ferriera di Morigerati, una frana rivela uno scrigno d’archeologia industriale
| di Marianna Vallone Gli inglesi le proteggono come preziose reliquie, in Italia, le antiche ferriere rischiano di scomparire per sempre, sotto le erbacce o la speculazione edilizia. Una storia simile per decenni ha segnato il destino di quella di Morigerati, uno dei rari e preziosi impianti ben conservato nei corso dei secoli di tutto il meridione d’Italia. Incantevole, piena di fascino romantico, la costruzione su due corpi era completamente coperta dalla terra. Uno smottamento della montagna l’aveva nascosta fino quasi a farne perdere la memoria. I fori nella vegetazione iniziarono farsi spazio anche se molti sapevano che lì esisteva un antico opificio. Nessuno immaginava, però, che sotto la fitta macchia mediterranea c’era un prezioso scrigno d’arte. I primi scavi avvenuti nel primo decennio del Duemila hanno svelato con sorpresa che le parti murarie erano ancora integre, per cui si è provveduto a ripulire la zona e gli interni delle strutture. Alcuni monconi degli impianti hanno resistito negli anni; grazie a questi è stato possibile risalire alla tipologia e alle dimensioni dei macchinari esistenti. Due corpi: uno superiore, di cui rimanevano in piedi un muro perimetrale e due colonne; ed uno, un po’ più a valle, che sicuramente ospitava le macchine per la lavorazione del ferro mosse da una ruota verticale ad acqua. Complessi industriali di epoca borbonica erano localizzati tra Morigerati, Sanza e Casaletto Spartano. Quella di Carmine Perazzo da Torraca, a Valle della Corte, a due chilometri dal centro abitato di Morigerati e in prossimità di un affluente del Bussento, è stata realizzata attorno alla metà del XIX secolo, attiva dal 1837, ed era utilizzata per trasformare e lavorare i materiali ferrosi: un grande esempio di archeologia industriale, con oltre 450 metri quadrati di superficie. La ferriera è disposta su due corpi di fabbrica, nei pressi un canale artificiale prendeva l’acqua del fiume per traghettarlo verso il corpo anteriore della struttura; mentre il secondo corpo, quello a monte, fungeva da deposito per carbone e per l’alloggio dei lavoranti. Un’opera di grande valore alla quale hanno lavorato dal 2006 un’equipe complessa formata da archeologi industriali e tecnici. Oggi la ferriera ospita anche le opere e i progetti di Ugo Marano, in un museo di arte all’aperto inaugurato nel 2016. L’artista scomparso nel 2011 aveva un legame profondo con il Cilento. Una delle sue opere simboliche più significative, il Tavolo del Paradiso e realizzato nel 1999, hanno trovato casa nell’area della Ferriera: un tavolo di ferro a forma di croce greca, con un bicchiere e un piatto in ogni posto, intorno al quale Marano auspica che si possano sedere tutti i sindaci del Cilento. Informazioni e contatti per visitare la Ferriera: www.morigeratipaeseambiente.it Sfoglia la gallery:©Riproduzione riservata