Lo stretching previene gli infortuni?
| di Christian De MartinoNell’ambito della preparazione atletica e del fitness lo stretching rappresenta, di solito, una parte immancabile.
Questo perché, tra le altre cose, si è sempre avuta la convinzione che lo stretching prevenga gli infortuni. Ma è proprio così? Vediamo la ricerca scientifica cosa ci dice tenendo in adeguata considerazione gli studi “a favore e non” rispetto ad un eventuale effetto preventivo.
Hartig e Henderson nel ’99 hanno pubblicato uno studio in cui hanno fatto eseguire dello stretching per 13 settimane ad un gruppo di militari. Risultato? Si è ottenuto un effetto preventivo da infortuni.
Cross e Worrel in uno studio, anche questo, pubblicato nel ’99 hanno fatto eseguire dello stretching a 195 calciatori ai muscoli ischio-crurali registrando anche in questo caso una diminuzione degli infortuni.
Stessa conclusione dello studio di Cross e Worrel quello di Ekstrand e coll. del 2000. Quest’ultimo dopo aver seguito 12 squadre di calcio con dello stretching combinato con uno specifico riscaldamento ha ottenuto una diminuzione degli infortuni.
Amako, Oda, e coll. in uno studio pubblicato nel ’03 hanno fatto eseguire 18 esercizi di stretching pre e post allenamento a circa 900 militari giapponesi ottenendo un effetto preventivo sia da infortuni che dal dolore in zona lombare.
Questi sono una parte degli studi a favore che hanno dimostrato un effetto preventivo, ora analizziamone alcuni che non hanno dato gli stessi risultati.
Lally in uno studio pubblicato nel ’94 esaminò circa 600 soggetti (maratoneti) riscontrando un numero di traumi inferiore rispetto al gruppo che praticava lo stretching (circa il 35% di infortuni in più).
Pope e Herbert in uno studio del ’98 hanno testato una mole di 1000 soldati con stretching statico (4 esercizi per 20”) non riuscendo a dimostrare nessun effetto preventivo da infortuni. Sempre la stessa equipe di studiosi nel 2000 valutò con 12 settimane di stretching (6 esercizi per 20” di sessione) delle reclute dell’esercito, anche qui nessun risultato significativamente preventivo.
Altro studio svolto da VanMechelen (e altri suoi colleghi) nel ’93 su dei podisti per 16 settimane (3 esercizi per 10”) non ha dimostrato nessun effetto preventivo.
Shrier nel ’99 effettuò una rassegna ben documentata (oltre 10 articoli) sulla questione prevenzione da infortuni, constatò in ultima analisi che lo stretching pre-esercizio non riduceva il rischio di traumi.
Ovviamente quanto esposto è solo una parte degli studi in merito che fra l’altro presentano dei limiti oggettivi che potrebbero aver inficiato i risultati. Ad esempio lo studio proposto da Ekstrand non isola gli effetti dello stretching in quanto lo combina con un riscaldamento specifico. Stesso discorso per lo studio di VanMechelen in cui i podisti oltre allo stretching venivano indottrinati ad uno riscaldamento specifico. Ai fini dell’obiettivo del singolo studio queste combinazioni possono portare a dei risultati poco attendibili.
Quanto detto ci mette di fronte all’evidenza che, ad oggi, rispondere alla “domanda-titolo” di questo articolo non è poi così facile. E’ molto più corretto sottolineare che solo ulteriori approfondimenti scientifici potranno dare (speriamo…) una definitiva risposta. Nell’attesa è possibile trarre, da quanto scritto, alcune indicazioni.
A questo scopo ci vengono in aiuto gli studi di Magnusson e coll. del ’96, di Witvrouw e coll. del ’01 e del ’07, di Kubo e coll. del ’02 in cui è stato messo in evidenza come l’aumento del rischio di infortuni non sia in relazione all’aver effettuato dello stretching pre-gara bensì al grado di flessibilità di alcuni distretti muscolari. Personalmente ritengo che sia opportuno, dove possibile, effettuare delle sedute mirate di “solo stretching”.
Ma per motivi di tempo e praticità, sommando le precedenti osservazioni con il risultato degli studi appena esposti la soluzione migliore sembra quella di far eseguire dello stretching alla fine della seduta di allenamento in modo da ottenere, nel lungo termine, un miglioramento stabile della flessibilità di ogni atleta.
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