Franco Alfieri resta agli arresti domiciliari: respinto il ricorso

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Franco Alfieri resta agli arresti domiciliari: respinto il ricorso

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi presentati dalle difese degli indagati, confermando la misura degli arresti domiciliari per Franco Alfieri, la sorella Elvira, lo staffista Andrea Campanile, gli imprenditori Vittorio De Rosa e Alfonso D’Auria della Dervit, e il funzionario comunale Carmine Greco. Gli avvocati Agostino De Caro, Domenicantonio D’Alessandro, Cecchino Cacciatore e Antonello Natale avevano richiesto la revoca della misura cautelare, ma i giudici hanno confermato le decisioni precedenti.

Resta ancora aperta la questione della competenza territoriale del processo. La difesa sostiene che i fatti contestati ai fratelli Alfieri sarebbero avvenuti a Torchiara, rientrante nella giurisdizione della procura di Vallo della Lucania. Tuttavia, la decisione spetterà ai giudici del tribunale di Salerno, dove questa settimana si è aperto il dibattimento. Se il 20 marzo dovesse essere riconosciuta l’incompatibilità territoriale, gli imputati potrebbero tornare in libertà con la revoca delle misure cautelari, mentre resterebbero valide le prove raccolte dalla procura di Salerno, guidata dal procuratore capo Giuseppe Borrelli e dal vicario Luigi Alberto Cannavale.

L’INCHIESTA: TRA ARRESTI, PERQUISIZIONI E ACCUSE

L’indagine, avviata nel gennaio 2024 con le prime perquisizioni e culminata nell’arresto di ottobre, conta un fascicolo di oltre ventiduemila pagine, ricco di omissis e con un ulteriore filone investigativo ancora in corso. Tra i nomi citati figura anche il consigliere regionale Luca Cascone, compagno di partito di Alfieri.

Dagli atti emergono dettagli sull’operato del sindaco sospeso di Capaccio Paestum. Franco Alfieri, ritenendosi intercettato, comunicava con i suoi interlocutori tramite bigliettini, i cosiddetti “pizzini”, e avrebbe persino disposto una bonifica ambientale nel suo ufficio comunale per individuare eventuali cimici.

Secondo gli inquirenti, Alfieri avrebbe avuto un ruolo centrale nella gestione degli appalti pubblici, favorendo la Dervit Spa nell’assegnazione di lavori per la pubblica illuminazione a Capaccio Paestum. A conferma delle accuse, gli investigatori hanno individuato un pagamento illecito di 250.302,60 euro e un contratto di subappalto stipulato tra la Dervit e l’azienda di famiglia Alfieri Impianti srl, gestita di fatto dalla sorella Elvira.

Le indagini hanno inoltre rivelato che la Alfieri Impianti acquistava materiali da Aec Illuminazione per rivenderli alla Dervit con una maggiorazione di prezzo, garantendosi così un profitto illecito. Il tutto sarebbe avvenuto sulla base di accordi tra Franco Alfieri e Vittorio De Rosa, finalizzati al sub affidamento dei lavori di pubblica illuminazione a Battipaglia.

Mentre il dibattimento prende il via, restano in attesa ulteriori sviluppi, con il 20 marzo come data chiave per le sorti processuali degli imputati.

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