Gioco d’azzardo: e se il paragone migliore non fosse l’alcolismo?
| di Luigi MartinoUna dipendenza non vale l’altra. Nella retorica tra gioco d’azzardo e consumo di alcolici tanto di moda in questo periodo l’equazione tra ludopatia e alcolismo è usata quasi sempre, e di frequente abusata. Il Decreto Dignità di quest’estate ha riacceso il secolare dibattito tra sostenitori del liberismo assoluto in materia di consumi e proibizionismo più o meno limitato, almeno quando si tratta di prevenirne un utilizzo improprio. In altre parole, si è riaccesa la miccia tra chi vorrebbe giocare senza restrizioni di orario e chi vieterebbe l’azzardo. Forzando il paragone con il settore degli alcolici.
Almeno a livello numerico, ludopatia e alcolismo in Italia vivono su due pianeti differenti. Il gioco compulsivo nel 2017 ha riguardato 1.500 cittadini italiani, considerando quelli ufficialmente in cura per guarire dalla patologia. Il numero rimane sulla linea tracciata dagli anni precedenti, a conferma di una tendenza pressoché stabile. La dipendenza dall’alcol si attesta su un’onda che varia dal quintuplo al decuplo della cifra appena analizzata, rappresentando un problema di maggiore impatto per la nostra società. Di sicuro riorganizzare il Paese sui limiti posti sulle bevande alcoliche assumibili sarebbe più facile che limitare il gioco d’azzardo, che deve considerare le differenze di abitudini e di risorse all’interno della nostra penisola.
Un’analisi sul gioco patologico pubblicata da Gaming Report ha confermato un netto ridimensionamento del numero di persone a rischio di ludopatia. Secondo i dati raccolti, soltanto il 37,3% di scommettitori italiani ha superato i 10€ di spesa relativa al gambling. In tutto, soltanto lo 0,6% della popolazione italiana è a serio rischio di gioco patologico. Il numero è uno dei più bassi al mondo, a conferma di quanto la situazione non possa essere considerata problematica, almeno in rapporto ad altre nazioni. Va detto che non tutti gli Stati del mondo possiedono i sistemi di sicurezza che può vantare il nostro Paese, tra cui il controllo sull’età del giocatore e alcuni accorgimenti operati dai siti, come l’importo massimo di ricarica mensile. Non bisogna poi dimenticare che diversi enti locali hanno adottato misure come il distanziometro, che hanno permesso di limitare l’impatto dell’azzardo sulla società, o almeno la possibilità di rovinarsi con le scommesse.
In virtù di questi numeri è difficile pensare di sostenere un reale paragone tra le due dipendenze. Nonostante questo, l’attenzione del governo e dei cittadini è rimasta concentrata sulla lotta alla ludopatia, e spesso a qualsiasi forma di gioco d’azzardo. In Emilia-Romagna per esempio una legge ha disposto la chiusura o lo spostamento di decine delle 600 sale da gioco presenti in regione. L’intento è chiaramente diminuire il numero di luoghi in cui è possibile scommettere, essendo il cambiamento fisicamente impossibile per molti di questi locali. Nessun accanimento paragonabile si sta verificando negli ultimi anni nei confronti degli alcolici. Eppure, la vera dipendenza italiana sembra essere legata all’ebbrezza, più che a una passione smisurata per le scommesse. Un punto su cui il governo dovrà riflettere nel prossimo futuro, senza vanificare quanto di buono fatto finora.
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