I colori della terra e l’universo contadino nell’arte di Josè Garcia Ortega
| di Marianna ValloneUn universo contadino, con le fatiche quotidiane dei lavori dei campi, donne e uomini angosciati dalle asperità della terra e dalle incertezze delle stagioni, hanno ispirato l’arte di Josè Garcia Ortega nella sua lunga permanenza a Bosco, collina sul mare del Golfo di Policastro.
Artista e fortemente impegnato politicamente, fu uno dei rappresentanti del realismo sociale durante la Guerra civile spagnola. Si trasferì a Madrid a tredici anni dove iniziò a dipingere e prese parte ai circoli antifranchisti. Condannato per reati di opinione a 26 anni, uscì dal carcere nel 1952 e realizzò il suo primo ciclo di xilografie. Negli anni successivi, durante il suo esilio a Parigi, ricevette la medaglia d’oro per la sua lotta per la libertà. Espose in numerose città tra cui Filadelfia, Toronto, Zurigo, Torino e Bruxelles.
A Matera arrivò nel 1973, sperimentò nuove tecniche insieme ai cartapestai locali e realizzò il ciclo pittorico “Morte e nascita degli innocenti”. Dopo sedici anni di esilio, tornò in Spagna nel 1976 per esporre a Madrid, Valencia e Bilbao.
Nel 1980 si stabilì a Bosco
Riuscì ad acquistare una casa (ancora visitabile oggi) dove si dedicava alla pittura di paesaggi e nature morte. La sua residenza è ora un autentico museo, è ancora possibile ammirare dipinti che decorano sia gli spazi interni che esterni.
All’ingresso del paese si è possibile osservare le famose maioliche che raffigurano i moti rivoluzionari risorgimentali avvenuti a Bosco nel 1828. Dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 1990 a Parigi, un gruppo di oltre 50 artisti, scrittori e scultori spagnoli gli resero omaggio con una mostra presso la Galleria Villanueva di Madrid. Le sue spoglie riposano a Parigi, presso il Cimitero di Montmartre.
Il Museo dedicato a Josè Ortega, inaugurato a Bosco il 17 marzo 2011, custodisce fin dal principio i 20 pannelli in cartapesta che celebrano due temi “Passarono” e “Morte e nascita degli innocenti” e le 10 grafiche del “Decalogo della democrazia spagnola”. Col tempo, il Museo è stato arricchito dall’acquisto – da parte del comune di San Giovanni a Piro – delle 20 opere della serie “Segadores” e delle 10 illustrazioni del romanzo picaresco dello scrittore spagnolo Francisco de Quevedo y Villegas “Vita del Pitocco”. L’esposizione pittorica custodita, ripercorre il pensiero ed il percorso artistico del “Pintor” e racconta principalmente il lavoro nei campi di masse anonime di contadini nella realtà del latifondo spagnolo durante la dittatura di Franco, ma anche la sofferenza e l’ansia di riscatto verso una agognata giustizia sociale.
Con l’ultimo acquisto della intera suite “+ – Durer” (60 incisioni di cui 48 stampe all’acquaforte a rilievo bianco e 12 ritratti all’acquatinta e intaglio) e la messa a disposizione da parte della famiglia delle matrici delle 20 cartapeste già custodite nel museo, Bosco si candida ad essere il luogo che detiene il maggior numero delle opere del maestro Ortega e, quindi, a tramandare il messaggio dell’espressione artistica del pittore spagnolo.
Ortega fu un rappresentante di quel realismo pittorico presente nell’opera di molti artisti italiani, come Guttuso, Migneco, Cantatore e Guerricchio. Veniva chiamato il pittore del mondo contadino per la sua costante attenzione verso le classi più umili che costituivano sempre fonte d’ispirazione per il suo lavoro; il poeta spagnolo Rafael Alberti, ispirandosi ai Segadores di Ortega ai quali dedicò la poesia Ortega de segadores, coniò il termine ortegano per descrivere le condizioni di oppressione patite dai contadini spagnoli.
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