I destini incrociati di Margarita e Carlo morti nel Cilento: «Dieci anni dopo, vane le denunce»
| di Antonio VuoloDue destini incrociati e tragici. Sono quelli di Carlo Fulvio Velardi, il 15enne napoletano che il 26 luglio 2011 perse la vita a Punta Licosa, oasi naturalistica di Castellabate, precipitando sugli scogli a causa del cedimento di una staccionata in legno, e di Margarita, la bambina di 5 anni morta sabato scorso per annegamento dopo essere scivolata in mare da un costone roccioso di 50 metri all’altezza di Punta della Quaglia, lungo il sentiero a strapiombo che conduce al Fortino, nel territorio comunale di Centola-Palinuro.
Un dramma che Anna Maria e Roberto Velardi, genitori di Carlo, hanno rivissuto in questi giorni attraverso gli occhi della mamma e del papà della piccola Margarita, strappata via al loro affetto in una calda giornata di fine maggio, durante la vacanza che avrebbe dovuto sancire il loro ritorno alla normalità dopo le difficoltà del Covid. E, invece, il mare blu di Capo Palinuro, proprio come il mare cristallino di Punta Licosa si era portato via per sempre Carlo, ha restituito loro solamente un corpicino senza vita e tante lacrime. Una ferita lancinante, mai chiusa, nonostante le condanne in primo grado per la morte del loro figlio, e la terribile sensazione di trovarsi di fronte a una scena già vista dieci anni prima, con l’accento che si sposta nuovamente sul tema della manutenzione e della sicurezza dei sentieri. Sensazioni, emozioni, che i due genitori del 15enne napoletano morto a Punta Licosa, nel luogo che amava più di ogni altra cosa, riportano in una lettera indirizzata proprio ai genitori di Margarita.
«Dieci anni fa in circostanze simili, a Punta Licosa, sempre nel Cilento, è morto a 15 anni mio figlio Carlo Fulvio – scrive Anna Maria Velardi nella missiva – Avrei potuto pensare a una fatale, tragica, coincidenza se le immagini apparse nel TG regionale non avessero inquadrato una maledetta staccionata di legno che ancora una volta, per i materiali utilizzati, per il modo in cui è stata installata, per la mancanza di manutenzione, si è rivelata una trappola mortale. Ho rivissuto tutto. La stessa staccionata assassina, dopo la morte di mio figlio, è stata installata in altri luoghi del Cilento. A nulla sono valse le nostre denunce sui quotidiani. A nulla è valsa la perizia da noi presentata al processo per la morte di Carlo, che illustra nel dettaglio i materiali e le modalità di installazione di un simile manufatto sul limitare di un sentiero a strapiombo».
E proprio la sicurezza del sentiero è in queste giorni al centro delle attenzioni della Procura di Vallo della Lucania per cercare di capire se la tragedia poteva essere evitata. Con la giusta manutenzione e una corretta segnaletica la tragedia si sarebbe potuta evitare? Oppure è stata una tragica fatalità? Domande alle quali dovranno essere gli inquirenti a dare una risposta, mentre la mamma di Carlo conclude nella sua lettera: «Leggiamo ancora una volta che la procura della Repubblica di Vallo della Lucania dovrà far luce sulla vicenda. E mentre tutto il bagaglio di frasi fatte viene rispolverato a corredo della tragedia vera di una famiglia, mi viene da pensare a quello che è successo alla mia famiglia: interminabili anni di tortura tra processi rinviati, cambi continui di pubblici ministeri e di giudici. Solo due anni fa una sentenza di condanna penale di primo grado, ora si va in appello, mentre del processo civile ancora nulla. Nel frattempo la notizia diventa vecchia, perde la sua forza attrattiva e viene superata da altre più fresche. E noi qui ad abbracciare idealmente la famiglia tedesca vittima della stessa tragedia che ha colpito noi». E mentre la Procura di Vallo sta lavorando per fare piena luce sulla tragedia di Palinuro, con un fascicolo aperto al momento contro ignoti, la famiglia Velardi continua la battaglia nelle aule giudiziarie per avere giustizia. Comincia, infatti, il 5 luglio, a Salerno, il processo dinanzi alla Corte d’Appello dopo la sentenza di condanna penale di primo grado nei confronti di cinque imputati, condannati poiché ritenuti colpevoli della morte del 15enne.
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