I giudici hanno deciso: «Il lido di Squecco deve chiudere»

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I giudici hanno deciso: «Il lido di Squecco deve chiudere»

«Pur dichiarando di essere separati consensualmente e di avere residenze separate, Roberto Squecco e la moglie Stefania Nobili hanno entrambi domicilio a Capaccio Paestum e mantengono evidenti rapporti familiari e di interesse». Così il presidente della terza sezione del Consiglio di Stato, Franco Frattini, respinge l’istanza cautelare della “Lido Kennedy srl”: nello stabilimento balneare capaccese, l’estate è finita prima ancora d’iniziare. Per ora non si tocca l’interdittiva antimafia, adottata alla metà di maggio dal prefetto Francesco Russo: restano intatte pure le revoche disposte dal responsabile dell’Ufficio Demanio Marittimo del Comune di Capaccio, che, in virtù di quel provvedimento prefettizio, aveva passato un colpo di spugna sulla concessione demaniale marittima, sulla licenza commerciale per l’apertura e l’esercizio dello stabilimento e sull’autorizzazione abilitativa. Interessi familiari. Il decreto della Suprema Corte amministrativa, che si è pronunciata sull’istanza di misure cautelari monocratiche avanzata da Marcello Fortunato, avvocato della società riconducibile agli Squecco, è una conferma dell’ordinanza cautelare emessa, nei giorni scorsi, nella sezione salernitana del Tribunale amministrativo regionale campano. «Salvi gli approfondimenti riservati alla sede collegiale – osserva Frattini – non risultano smentiti né la contiguità di Roberto Squecco ad un clan camorristico locale, i Marandino, né la fitta cointeressenza familiare ed economica ragionevolmente assunti dal Tar a fondamento dell’ordinanza appellata».

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