Il cilentano che tradusse il più grande poeta ungherese
| di Antonella CasaburiA 200 anni dalla nascita, l’ Ungheria celebra Sándor Petöfi (1823-1849), il grande poeta nazionale. Italiani e Ungheresi durante il Risorgimento lottarono contro un nemico comune: l’Impero Asburgico. Gli italiani per l’unità del Paese, e i magiari per l’autonomia del Regno d’Ungheria. I giornali ungheresi e quelli italiani seguivano con interesse i reciproci eventi rivoluzionari, giacché comune era la lotta, comune era il desiderio di libertà. Quando l’eco delle vicende italiane di Palermo e Milano giunse in Ungheria, Sándor Petöfi, il più importante giornalista e poeta dell’epoca, dedicò un’ode all’Italia, e l’Italia iniziò ad amare il poeta combattente magiaro. Il 15 marzo 1848 il poeta ungherese scrisse il Canto Nazionale, che fu ovunque diffuso nelle piazze, per incitare il popolo alla rivolta. L’anno successivo, l’eroe del Risorgimento ungherese morì combattendo.
Aleardo Aleardi gli dedicò un commosso ricordo nel poema I sette soldati. Carducci lo definì il “Tirteo della libertà” nel suo saggio scritto su Mameli, e tutti gli intellettuali italiani si appassionarono al poeta ungherese. Il giovane Pascoli dedicò una ballata al “magiaro” che “co’ l’ombra occupa il pian,/pensa e sussurra una canzon selvaggia”. Il medico cilentano Federico Piantieri, che visse ad Acciaroli, al “mito” Sándor Petöfi dedicò un intero volume in cui tradusse oltre cento opere dell’eroe patriota magiaro ucciso nella battaglia a Segesvár (oggi Sigosoara in Romania).
Federico Piantieri, il traduttore cilentano di Sándor Petöfi, offrì agli italiani un gran numero di inedite liriche del poeta magiaro che scelse di sacrificare la vita, e l’amore, per la libertà. Fresco sposo, Petöfi partì volontario in guerra, lasciando un figlio appena nato: come una profezia che in seguito alimentò il suo mito, Petöfi scrisse che avrebbe rinunciato alla vita per l’amore, e all’amore per la libertà.
“Alessandro Petöfi poeta ungherese per la prima volta volgarizzato da Federico Piantieri” (Volume unico. Napoli, dalla Stamperia del Vaglio 1868) è la prima pubblicazione italiana in un volume a sé dell’opera di Sándor Petöfi. Pantieri è stato, di fatto, il primo in Italia a dedicare un libro al grande poeta del Risorgimento ungherese.
A Petöfi, Federico Piantieri dedica una lirica che pone in esergo al volume: “Canta di libertà, canta d’amore/E per la patria sua giovine muore. Muore pugnando; e il rombo del cannone/La voce estingue e non la sua canzone;/Chè del martire vate la parola/Oltre tomba di labbro in labbro vola). Piantieri con queste parole racconta già il “mito” del poeta ungherese, il cui corpo non fu mai trovato. Il volume inizia con un approfondito Discorso critico sulla vita e sulle opere del grande poeta. “Chi legge Alessandro Petöfi, sa come sia l’indole degli Ungheresi … L’Ungheria si vede in Petöfi … Ed io mi son fatto a volgarizzar le poesie del Petöfi, unica opera della sua giovanissima intelligenza, perché mi piacciono i poeti, e perch’egli è bello. Ne’ suoi canti divampa il foco di un’anima giovine grande generosa guerriera; ne’ suoi versi fluisce l’italica armonia per traverso un ungaro petto”. Seguono due parti: “La vita errante” e “La rivoluzione”, in cui si possono leggere le traduzioni di alcune fra le più belle poesie del poeta magiaro. Nell’ultima parte,“La rivoluzione”, Piantieri ci offre la traduzione di una struggente poesia che Petöfi, prima di morire in guerra, dedicò all’unico figlio, Zoltán.
A MIO FIGLIO
Qui dentro le mie braccia il mio fanciullo!
Ch’io stretto me lo prema sovra il core!
Rinasco, dopo sorto a la mia vita
Questo novello ramoscel d’amore!
Mi sto mirando il suo caro visino,
Sazio il mio amor di padre,or fortunato..
Un prete non ci serve più per lui,
Da le lagrime mie già è battezzato!
O morte, non sia mai che t’ardirai
Farti padron del ramo giovinetto!
Egli non è neppur soltanto mio;
Lo consagro a la patria con affetto!
Dimmi, figlio, allor quando io sarò vecchio
Ed il mio posto non terrò vie più,
Tu vorrai sorpassare il padre tuo?
Sì, lo rimpiazzeräi almeno tu.
Ah! dir si possa accanto la mia tomba
Senza lagno a le labbra e pianto al ciglio:
Morto lüi, il paëse niente perde,
Niente! L’anima sua vive in suo figlio!
Sándor Petöfi (Trad. Filippo Piantieri)
Il medico cilentano Federico Piantieri, che come il tirteo magiaro era animato dagli ideali di patria, libertà e umanità, è ricordato ad Acciaroli con una lapide posta a sua memoria dal nipote Angelo Piantieri.
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