Il fascino delle aree marine protette del Parco nazionale del Cilento: tra mito e natura selvaggia
| di Marianna ValloneBellezza nella bellezza, quella delle aree marine protette che sorgono all’interno del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Incanta quella di Santa Maria di Castellabate, sorprende per la natura selvaggia quella più a Sud, la Costa degli Infreschi e della Masseta. Entrambe appartengono al mito. L’area marina protetta di Santa Maria di Castellabate rientra interamente nel comune di Castellabate, tra la Punta di Ogliastro e la Baia del Sauco, al confine nord con il comune di Agropoli. Il fondale è caratterizzato da praterie di Posidonia oceanica, anfratti e grotte in cui vivono murene, cernie, polpi, saraghi e aragoste. Tipica del luogo è la “rossa di Licosa”, come la chiamano i pescatori locali, una triglia di scoglio che vive nello specchio d’acqua tra Ogliastro Marina e Punta Licosa. Inserita nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali, ha proprio qui il suo ambiente favorevole da cui derivano le qualità dal sapore unico. Spesso nella Baia Arena di Ogliastro Marina si assiste anche alla deposizione di numerose uova di tartaruga del tipo Caretta Caretta. La flora è composta da estese praterie di posidonia, vidalia e albero di mare. Fiore all’occhiello dell’area marina protetta è la suggestiva Licosa, l’isola del mito, che rappresenta il sito naturale più caratteristico del territorio. Nelle sue acque sono visibili i resti sommersi dell’omonima città greco-romana, specialmente quelli di una villa romana e di una vasca per l’allevamento delle murene (risalente ad un periodo che va dal I secolo a.C. al I secolo d.C.). Sull’isola, dove svetta il faro e il rudere della casa del guardiano del faro, sono stati rinvenuti diversi reperti di epoca greco-romana. Si crede che il nome di Licosa derivi dalla sirena Leucosia, che, secondo autori come Licofrone, Strabone e Plinio il Vecchio, qui abitò e qui fu sepolta dopo che si gettò in mare. Anche Omero, nell’Odissea, accenna all’isola delle sirene dal canto ammaliatore, beffate da Ulisse e dal suo equipaggio.
Più selvaggia è l’Area Marina Protetta Costa degli Infreschi e della Masseta, tra i Comuni di Camerota e San Giovanni a Piro, terra del mito, lungo la costa che va dalla Torre dello Zancale, di Marina di Camerota, a Scario. Lunghi chilometri di costa in cui si concentrano insenature, grotte, spiaggette, rade, sorgenti d’acqua sottomarine. Un’altra particolarità di quest’area è la presenza di numerose polle e risorgive marine di acqua dolce, alcune delle quali hanno una temperatura molto bassa (da cui il nome “infreschi”), mentre altre sono a temperatura elevata, per gli effetti del vulcanesimo degli strati più profondi. Anche i fondali di quest’area marina protetta sono ricchi di vaste praterie di Posidonia Oceanica, tra le cui foglie si rinviene la “nacchera” (Pinna nobilis), specie protetta di mollusco bivalve, indice di un buon stato di conservazione delle praterie. In particolare, nelle aree di levante di Porto Infreschi è stato rinvenuto un “campo” particolarmente intenso di questi grandi bivalvi, forse nucleo relitto di una popolazione una volta ben più diffusa nei posidonieti dell’intera area. Un aspetto singolare di quest’area è la roccia carbonatica che poggia su strati vulcanici più profondi. Infatti, a circa 40 miglia dalla costa, lungo la “linea dei vulcani” – che congiunge l’Etna al Vesuvio, passando per le isole Eolie e il Cilento – sorge il monte Palinuro, che è uno dei più grandi edifici vulcanici sottomarini ancora attivi nel bacino del Tirreno, alto più di duemila metri, la cui cima è ad appena 65 metri sotto la superficie del mare.
©Riproduzione riservata