‘Il mistero del sigillo reale’, il nuovo libro di Franco Maldonato

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‘Il mistero del sigillo reale’, il nuovo libro di Franco Maldonato

Il penalista di Sapri torna alla scrittura con un romanzo “di formazione” che è la storia di un’epoca

Sono tanti gli attraversamenti che si possono imboccare per esplorare il nuovo romanzo di Franco Maldonato, «Il mistero del sigillo reale» (Castelvecchi), ma credo che quello più interessante e più vicino alla sensibilità dei millenials è lo scontro irriducibile tra i due potenti demoni che si contendono il possesso dell’animo umano: l’Amore e la Politica. L’Amore, che tende a circoscrivere a due il perimetro del mondo – che in un quindicenne viene corroborato e sospinto anche dalla forza delle pulsioni biologiche -, e la Politica che, recuperando e sublimando la spinta primordiale dell’Amore, tende a ad allargare quel perimetro, mettendo tuttavia a repentaglio l’esclusività e la possessione cui aspira l’amore di coppia.

Non vi dirò – per ovvie ragioni – quale dei due demoni prenderà il sopravvento, ma è questo il conflitto del quale si nutre l’educazione del giovane protagonista del romanzo, nelle alterne vicissitudini della contesa intrapresa dai due demoni. Vi dirò invece che il conflitto sarà costellato da autentiche tragedie, come il suicidio della giovane donna che, dopo aver ricusato la politica in nome dell’amore, pensando di poter esclusivizzare il possesso del suo uomo e ricacciare nei recessi del suo animo la insopprimibile sensibilità per il prossimo, rinuncia infine alla vita buttandosi giù dal settimo piano di un palazzo romano. Perché frattanto ha ceduto alla suggestione della politica, nella sua declinazione estremistica, lasciandosi avvitare nelle spire del terrorismo rosso. O come la ‘tempesta del dubbio’ che si abbatte sul protagonista davanti alla notizia di quella morte violenta.
Non si tratta di ‘effetti speciali’, ma della sorte che ha avvinto e accomunato tanti giovani nel corso degli anni ’70, cui è dedicato questo che è il primo volume di una trilogia dedicata all’ultimo trentennio del Novecento (secondo le poche notizie filtrate dalla Casa Editrice), e di un possibile concreto scenario cui rimane esposta tanta parte dei giovani d’oggi, che non si rassegnano alla catastrofe, a quella ecologica non meno che a quella economica, che ha riconfigurato il loro futuro, consegnandolo all’incertezza e deprivandolo della speranza.

Ma perché ‘mistero’? 
Perché è il mistero che innesca l’educazione alla politica e alimenta, per dirla con Benedetto Croce, il «dovere della politica». Il quindicenne scopre che un sacerdote del suo paese, che aveva accompagnato la Regina Maria Carolina al famoso Congresso di Vienna, ha ricevuto in dono, sul letto di morte, l’anello con il sigillo reale con il quale Ferdinando II di Borbone usava siglare i propri scritti. E contemporaneamente scopre che Pier Paolo Pasolini, nel corso del viaggio lungo le coste d’Italia del 1959, aveva vergato uno stigma feroce contro gli abitanti del luogo. Due eventi apparentemente inspiegabili che compongono un unico mistero, raccontato su un doppio registro narrativo: contemporaneo e storico. Per svelare l’arcano, infatti, il giovane protagonista si mette in cammino, raccontando, sul piano storiografico, le acquisizioni progressive della sua ricerca e, sul piano della contemporaneità, la sua sfida all’erede del sacerdote (già segretario del fascio, podestà e invincibile sindaco del primo trentennio democratico), contro il quale sperimenta le sue prime battaglie politiche, in un clima (anni Settanta) nel quale la politica non è più il luogo ove si confrontano opposte visioni del mondo, ma un posto nel quale si consuma il mercimonio della Bellezza del Paese. Con la camorra sullo sfondo, che, nel Mezzogiorno, fa da contrappunto al terrorismo. Fino al colpo di scena finale. Che fa di questo primo volume della trilogia un libro che appartiene di diritto alla grande tradizione del romanzo di formazione, in cui il passato diventa la chiave per aprire la porta del futuro, come recita la bella citazione della quarta di copertina.
 Il libro è anche un omaggio che l’autore fa alla sua terra.
Indegni borghesi’ è lo stigma feroce con cui Pier Paolo Pasolini, nel 1959, bollò gli abitanti del luogo ove si svolge questo romanzo: il Cilento, un luogo, denso di storia, da Cicerone a Parmenide, da Giovan Battista Vico ai rivoluzionari dell’800, che qui inaugurarono la primavera dei popoli.
 
Ed è con quella storia che si trova a misurarsi il protagonista, che anche per effetto della suggestione che promana da una di quelle vicende, ancora avvolta nel mistero, viene ben presto folgorato dalla passione per la politica: il liceo è la prima palestra, la sezione del partito il banco di prova, il ciclostile e la radio glistrumenti della comunicazione, le aule dei tribunali – ove viene subito trascinato da sindaci, assessori ed affaristi – il teatro imprevisto del suo precoce cimento. E capisce in fretta che la politica non è il luogo ove si confrontano opposte visioni del mondo, ma un posto occupato da cricche e camarille, come quelle legate ad un noto industriale del Nord e al progetto di cinquemila vani direttamente a picco sul mare.
 
Il Piano Regolatore è la partita decisiva, in cui la camorradell’usura tenta di spartirsi con la corruzione delle immobiliari cubature e superfici, spacciate come ultima occasione per un Sud che crede di poter uscire dalla povertà svendendo la sua bellezza. La partita è perciò senza esclusione di colpi.  
Anche se il colpo più inatteso, per Giuseppe, è l’alternativa davanti alla quale lo pone Nietta, la sua fidanzata: o me o la politica.
Che da passione diventa dovere – anche per effetto del magistero di personaggi come Pasolini, Bassani, Elena Croce, Pertini e La Malfa, che si muovono sullo sfondo – e finisce per assumere e riassumere il senso stesso della vita, destinato a prevalere su ogni altra cosa, ivi compresa la vita universitaria, che lo distoglierebbe dalla battaglia per preservare coste colline e paesaggi dall’edilizia predatoria e salvaguardare il Cilento dallo spopolamento e dall’abbandono. Spezzando il vincolo di fratellanza che lo lega alla sua comunità.

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