Il peccato più antico del mondo. Storia delle parole (cilentane e non)
| di Redazionedi Orazio Ruocco
Il copione è sempre lo stesso. L’attrazione fatale, il peccato più antico e istintivo del mondo. Ce lo insegna, come sempre, la Natura. Alberi, piante, fanno l’amore grazie al vento, ostentando chiaramente la propria disponibilità “amorosa” a qualsiasi altra pianta, della medesima specie, che sia disposta ad accoglierne il polline. Non conoscono e non vedono nemmeno il proprio amante che potrebbe avere radici molto lontane.
Per gli esseri umani e per la società, è anche uno dei peccati più pericolosi. Per controllare il fuoco della carne, persino in una società libertina come qiella dell’Impero Romano furono trovati dei metodi di repressione, soprattutto nei confronti delle donne. Ma nonostante ciò è sempre esistito il:
- “FEMMENARULO”: Il seguace del bel sesso, il sottaniere incallito. E’ il parente povero, la versione casereccia del classico “Don Giovanni”, una delle figure della letteratura e del teatro che ha ispirato tante opere e che ha fato sognare tante donne.
Naturalmente chi meglio si prestava alla sua instancabile caccia era la: - “BAIORDA”: Letteralmente “donna volgare e disonesta”. Sembra derivare dal basso latino “bagordare”, da cui “bagorda”, che significa festeggiare armeggiando e giostrando. Insomma donna allegra, fin troppo forse. Da ricordare anche l’accrescitivo nei due generi maschile e femminile, “ nu baiordone” e ” na baiurdona”, utilizzato quando si voleva esprimere il dispregio al massimo livello per una donna.
Ad entrambi piaceva, eccome piaceva, - “FOTTERE”. Viene dal latino “futùere” che significa appunto “possedere sessualmente”. Il participio passato è: ”fututus” che ricorda molto da vicino il nostro:”futtuto”. Ma fottere ha un significato più ampio. Per esempio, quando vogliamo dire che abbiamo imbrogliato qualcuno. (A’ futtuto a chillo!). Oppure quando non ci si sente bene: “Me sento proprio futtuto oje!”. Infine c’è un’ultima accezione:
“infischiarsene”, quando non ce ne frega proprio niente di una cosa: “Me ne fotto!”.
Dalla tresca del femmenarulo e dalla baiorda ne usciva inevitabilmente un: - “CURNUTO”. È l’uomo tradito. Il termine ha avuto una dilagante fortuna per la sua dirompente carica d’ingiuria. Però non si capisce perché il cornuto, invece che a pietà, ci muova al riso. Nella letteratura si ride sempre di famosi cornuti e mai di famose cornute. Forse perché una donna tradita. .. tutti sono disposti a consolarla? Quanto all’origine del termine, si racconta che l’Imperatore Bizantino Andronico avesse a corte molti nobiluomini sposati a donne bellissime. Il furbone concesse a turno a ciascuno il permesso di cacciare nella fornitissima riserva imperiale. E mentre il marito andava beato a caccia, il sovrano nella reggia ne catturava la moglie. Al suo ritorno il nobile tradito otteneva il titolo di “Gran Cacciatore” e il privilegio di esporre all’ingresso del proprio palazzo due corna di cervo..
Ma torniamo al nostro “curnuto”. Spesso era un povero - “NGHIAPPATO” o ”NCHIAPPATO: Uno sprovveduto, un incapace, insomma, un imbranato, consegnato alla “baiorda” per dare una veste di normalità al menage matrimoniale. L”inghiappato è una sorta di predestinato nella vita, nel senso che è colui che lo deve sempre … prendere a quel posto! Il termine indica chiaramente ciò che vuol dire: “fra le chiappe”. Chiappa è un termine che si fa risalire all’antichissimo, primitivo Indoeuropeo “Klappa” che significa: pietra. Chiappa ha assunto successivamente il significato di “sporgenza di pietra”, e Dante in tal senso ne fa uso nella Divina Commedia: “Montar di chiappa in chiappa” (Inferno, Canto XXIV Verso 33). È diventato infine termine popolare nel significato di natica per quella, come dire, somiglianza artata della sporgenza di roccia con … la chiappa appunto.
L’idea di qualcosa inframezzata, che va insomma in mezzo a qualcosa, ce la danno anche le “alici ‘nchiappate”. Ma … un momento! Le alici sono ” ‘nchiappate” o ” ‘mbuttunate”?
(farcite con uova e formaggio).Questa è una questione da dirimere. Shakespeare avrebbe chiosato: ” That is the question !”. Ma non me ne vogliano puristi, filosofi e letterati. So bene che il problema esistenziale è di più nobile e impegnativa caratura. Ma noi, nonostante Shakespeare e i suoi cervellotici e angusti dilemmi, dobbiamo sapere se le alici vanno “nchiappate” o “mbuttunate”. È una questione culinaria cilentana di primaria importanza. Come le presentiamo a tavola? Ogni piatto ha un proprio pedigree, un proprio biglietto da visita.
A me piacciono ‘mbuttunate. Ora vorrei sapete chi ha inchiappato le alici? Qualcuno lo ha fatto sicuramente, perché per tv e sui social parlano e divulgano le alici ‘nchiappate”. E le “alici “mbuttunate”, allora? Ma fai che …, ma sì, e così, è solo una questione lessicale, modi di dire diversi. Il vernacolo di ciascun paese non ammette deroghe. A Pisciotta e Palinuro le hanno … inchiappate. A Camerota invece abbiamo preferito ‘mbuttunarle! E allora, a questo punto, dobbiamo chiarire anche il significato e l’etimologia della parola. - ” MBUTTUNATE” – “MBUTTUNA” “. Viene dal tardo latino ” Im- Bottulare”. Col tempo vi è stata una dissimulazione della “l” in “n” per cui è diventato “imbottunare”. e significa, meno volgarmente, perdinci! “farcire”, “guarnire” ecc
Mah … forse sono andato troppo lontano, e come ci sia arrivato, solo Dio lo sa. Ancora non ho capito, nemmeno io, come dalle tresche d’amore sia approdato alle alici ” ‘mbuttunate”. Ah, a proposito, un po’ di pepe nella farcitura non deve mancare. Assolutamente!
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