Il virus divide l’Italia in tre. Ultimo scontro sul coprifuoco
| di RedazioneLe Regioni col rischio più alto chiuderanno quasi tutto, ma non scuole e industrie. Il governo discute se fissare alle 21 o alle 22 l’ora in cui non si potrà più uscire in tutto il Paese. Braccio di ferro Conte-Pd sugli spostamenti
L’Italia divisa in tre, ecco la fotografia del Dpcm che il governo è pronto a varare stasera, dopo la pubblicazione del monitoraggio straordinario sui numeri della pandemia. Tre livelli, tre ricette in base al contagio. Le Regioni con il rischio più alto – determinato dall’indice Rt e da altri 21 parametri – chiuderanno quasi tutto: negozi, bar e ristoranti, oltre a uno smart working molto spinto nella pubblica amministrazione. Aperte invece le scuole fino alla prima media, come le industrie. Il lockdown interesserà Lombardia, Piemonte e quasi certamente la Calabria, mentre la provincia di Bolzano ha già chiuso in autonomia e la Valle d’Aosta rischia. Roberto Speranza è determinato ad emanare oggi stesso le ordinanze, che potrebbero entrare in vigore domani, o al massimo giovedì. Al livello intermedio, invece, si collocheranno Puglia e Liguria, ma probabilmente anche la Campania e il Veneto. Forse la Sicilia, mentre dovrebbe salvarsi il Lazio: il loro destino, comunque, è appeso ai numeri del Cts. Nelle aree a rischio intermedio chiuderanno bar e ristoranti per tutto il giorno, ma resteranno aperti gli esercizi commerciali. La “terza” Italia, infine, comprende tutte le altre Regioni, nelle quali scatterà il coprifuoco serale a partire dalle 21 o dalle 22. Mentre Giuseppe Conte interviene al Senato per illustrare la filosofia del nuovo Dpcm, vengono pubblicati i numeri del contagio. Bassi, ma solo perché scontano il fine settimana: 22.253 positivi su 135.731 tamponi (con un tasso di positività al 16,39%). I morti sono 233, i nuovi pazienti in terapia intensiva 83 (per un totale di 2.022), i ricoveri ordinari 938 (19.840 in tutto). La curva, insomma, non rallenta. E così il premier presenta in suo progetto, che ha soprattutto un obiettivo: ottenere chiusure mirate regionali, evitando un lockdown generalizzato o misure nazionali troppo rigide. Il compromesso, allora, ruota attorno a un
meccanismo che consegna all’esecutivo il pulsante delle chiusure.
Il Dpcm, infatti, prevede un automatismo: quando l’Rt e gli altri parametri superano la soglia di pericolo, scattano in automatico le ordinanze del ministero della Salute che impongono il lockdown. I governatori sono chiamati a co-firmare il provvedimento dettato da esigenze di salute pubblica. Ma il testo entra in vigore comunque, anche in caso di rifiuto. Per i Presidenti è comunque un risultato, perché scaricano il peso politico delle serrate sull’esecutivo. Tre livelli, si diceva. Il più basso prevede misure “minime” valide su tutto il territorio nazionale, in assenza di altre più restrittive. Include quasi tutte le Regioni meno popolose, ma anche il Lazio, l’Emilia Romagna e la Toscana. Sono territori che presentano anche alti gradi di contagio, ma strutture ospedaliere per il momento adeguate alla sfida. Sarà decretato il coprifuoco dalle 21, probabile compromesso tra il Pd – che avrebbe preferito prima le 18, poi le 20 – e Conte, che insieme a Italia Viva insiste per le 22. Nel week end chiuderanno i centri commerciali,
le scuole superiori saranno in Dad al 100%, i musei serrati. Bandite le slot
machine nelle tabaccherie, possibilità di congedo parentale per i genitori con figli alle scuole medie, limite alla capienza del trasporto pubblico
locale al 50%. Negozi e industrie aperti, al pari di bar e ristoranti. Nelle zone con livello intermedio, invece, si registra sostanzialmente una differenza: lì chiuderanno bar e ristoranti. Si è discusso anche della
possibilità di anticipare in queste aree il coprifuoco alle 18, ma si è scelto di evitare – sembra – una pesante vertenza con i negozianti, oltre a un costoso ristoro. Risorse per le chiusure decise nei lockdown veri e propri, invece, confluiranno in un fondo ad hoc a cui lavora il ministro
dell’Economia Roberto Gualtieri.
Proprio Piemonte, Lombardia e Calabria affronteranno invece il regime più duro. Oltre alla chiusura delle scuole dalla seconda media in su, procederanno al blocco di tutte le attività economiche non essenziali. Salve le industrie, invece. Quanto alla libertà di circolazione e all’autocertificazione, Speranza non ha dubbi, ci sarà e garantirà i movimenti essenziali: lavoro, salute e attività fisica. Non è d’accordo, però, il presidente del Consiglio: vorrebbe lasciare libertà “di passeggio”, rendendo quindi impraticabili i controlli. Proprio gli spostamenti sono oggetto di un altro braccio di ferro nell’esecutivo. Conte ha illustrato un sistema poco agile e di difficile comprensione: prevede movimenti possibili solo tra Regioni a rischio simile, con chiusura dei confini tra quelle con grado di pericolo differente. Il Pd, ma anche Speranza, reclamano invece un blocco generalizzato ai movimenti interregionali, come quello in vigore a marzo. I governatori la pensano allo stesso modo. Per il premier, però, servirebbe una norma ordinaria e non un Dpcm. La partita, sul punto, resta aperta.
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