In Cilento cacciatore relitti scopre nave da guerra americana
| di RedazioneCon un’immersione record di oltre 8 ore, senza scafandro o attrezzature particolari, il noto sub ligure Andrea Bada è riuscito ieri nell’impresa di rintracciare al largo di Acciaroli, nel Cilento, una nave da guerra americana risalente alla Seconda Guerra Mondiale, adagiata sul fondale marino da 76 anni. Ma laggiù, dove regna il buio, ha trovato la giusta illuminazione. Bada, salito alla ribalta per imprese simili in tutta Italia, ha raggiunto il relitto della “William W. Gerhard” (nella foto), a 184 metri di profondità. «È stata un’esperienza da brividi – ha dichiarato il sommozzatore ligure alla stampa – frutto di un lungo lavoro di squadra. È stato emozionante vedere tutta integra la parte della poppa».
Un’immersione complessa che solo pochi al mondo riescono a compiere, portando al limite il proprio fisico per immortalare e riportare in superficie le spettacolari immagini della nave statunitense scomparsa dopo essere stata silurata da un sommergibile tedesco. Un’impresa per il famoso cacciatore di relitti di Arenzano, a chiusura di un progetto durato quasi quattro anni.
La notizia è subito rimbalzata oltreoceano: per la Marina a stelle e strisce è un evento importante, si tratta dell’unica nave di quel tipo ritrovata nel Mediterraneo. Nei libri di storia tramandati i disperati tentativi di evitarne il naufragio, nei giorni dopo lo sbarco alleato, a Salerno, per salvarne il misterioso e importante carico bellico. Alla fine, però, riuscirono a trarre in salvo quasi tutti coloro che erano a bordo, ma la nave colò a picco. Ora dagli Usa partirà una commissione tecnica per proseguire nella ricerca storica.
«Abbiamo iniziato nel 2015 con Guglielmo Mazziotti e Pietro Cacciabue – racconta Bada – due inverni e due estati a cercare un punto sul fondale. Non sapevamo che fosse un Liberty americano armato fino ai denti, ma lavoriamo a un documentario e quindi ci interessava andare a vedere; lo scorso anno avevamo trovato e esplorato l’Umaria, una nave inglese affondata nel primo conflitto mondiale, che è adagiata su un fondale di 170 metri. Ma qui si doveva andare oltre il limite. Questa nave è spezzata in due ed è adagiata su un fondale a -184 metri. Ho pianificato tutto assieme a Ivano Predari, la persona che scende sempre con me nelle immersioni e nelle esplorazioni profonde».
«Non poteva essere una toccata e fuga – aggiunge – serviva una permanenza sul fondo per quasi venti minuti. A noi si è unito Luca Parodi per coordinare tutti gli uomini, poi Stefano Antolini come archeologo subacqueo assieme a Alessandro Franco, Gabriele Baratta e Guglielmo Mazziotti, del diving Elea Sub Cilento, loro per fare assistenza fino a -40 metri, ed ancora Pietro Cacciabue e Maurizio Fongaro per farci il cambio bombole in risalita a -50 metri. Abbiamo previsto tutto per essere in sicurezza durante le 6 ore di decompressione, grazie all’aiuto del pescatore Enzo Squillaro, che assieme a Guglielmo ha scandagliato il punto alla perfezione».
«La discesa è stata mozzafiato – racconta ancora il cacciatore di relitti – siamo scesi alla velocità della luce, per sfruttare il più possibile il tempo di fondo, a -160 abbiamo iniziato a vedere il gigante, una delle torri del castello dove alloggiavano il deposito munizioni per ognuna e una delle mitragliatrici della contraerea da 20 millimetri».
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