Degrado e abbandono nei siti archeologici del Cilento. Sacco: un sito sconosciuto (parte I)
| di Lucia CarielloQual è lo stato dei tanti siti archeologici presenti su territorio cilentano, da Elea-Velia a Roccagloriosa?
Il Giornale del Cilento, con questa nuova iniziativa, proverà a dare una risposta a questa domanda con una serie di sopralluoghi.
Il nostro percorso inizia da Sacco.
Sacco: un sito sconosciuto
Non è stato facile delineare le dinamiche storico-archeologiche di un piccolo paesino posto quasi al confine tra Cilento e Vallo di Diano.
Custode di realtà protostoriche e storiche, preziose ma purtroppo sconosciute, le vigila e protegge gelosamente in due punti diversi del suo comune: Sacco Vecchia e Grotta di Jacovo.
Ritengo opportuno, pertanto, assumere questa località come una sorta di sito campione, anche in virtù della sua posizione geografica, sicuramente strategica rispetto all’intero comprensorio, senza contare che ciò mi consentirà di poter segnalare e far uscire dall’anonimato nel quale era immersa questa realtà sicuramente interessante, ma ancora misconosciuta.
§1. Inquadramento geomorfologico
Disteso in posizione sud-occidentale alle falde del massiccio roccioso del Monte Motola (1700m.), nell’Alta Valle del Cilento, Sacco (sup.23,71kmq, alt.600m, lat.40°22’44’’76N, long. 15°22’43’’68E) pare incarnare un ideale confine tra Cilento e Vallo di Diano, accanto al quale si erge “imperioso” Monte Pruno (879m.), che per la sua posizione avanzata rispetto al “corpo” montuoso assume le fattezze di una terrazza (“Balcone degli Alburni”) andando a sorvegliare, così, i valichi di Passo della Sentinella e Sella del Corticato (sita tra le pareti rocciose dei monti Cocuzzo delle Puglie (1428m) e Motola), in pratica i due principali accessi al Vallo di Diano.
L’abitato di Sacco dista circa 86km da Salerno e confina con Corleto Monforte, Laurino, Piaggine, Roscigno, San Rufo, Teggiano.
La sua denominazione potrebbe derivare dal latino “Saccus”, assumendone, però, l’accezione di “insenatura”, con una traslazione, poi, del significato in “strada senza uscita” dovuto al luogo in cui risiedeva il castello del paese; più probabile, però, risulta la sua derivazione dalla persona di Saccia, consorte del duca Zottone di Benevento rinchiusa per dissapori familiari fra le mura del maniero.
L’abitato ha conservato nei secoli la sua conformazione “bislunga”, di cui fanno menzione i Relevi Feudali del 1707, ampliandosi ulteriormente verso la località Fontana agli inizi del ‘900; in seguito, poi, alla costruzione della variante negli anni sessanta il paese si è ancor più esteso, anche in direzione S ed E.
Attraverso una strada sterrata, è possibile raggiungere, dall’abitato, la riva sinistra del fiume Sammaro, uno dei principali affluenti del Calore salernitano (le cui acque confluiscono prima nel Ripiti, poi, nel Fasanella ed infine nel Calore sotto Castel S. Lorenzo), immerso in un’area ricca d’emergenze naturalistiche ed ambientali con limpide acque nelle quali si ammira indisturbata la lontra.
§2. I ritrovamenti di Sacco
La mia frequentazione assidua nell’area, in quanto luogo d’origine della mia famiglia, mi ha consentito fin dall’infanzia di ascoltare racconti e leggende inerenti popoli che con la loro presenza hanno segnato profondamente la vita dell’abitato; in seguito mi sono resa conto dell’esistenza di testimonianze tangibili di un passato storico reale, un passato che poteva essere visionato e studiato e che poteva condurre a scoperte interessanti.
L’idea di una indagine su evidenze del passato del territorio di Sacco mi fu suggerita un giorno in cui navigando in internet lessi su una sorta di trafiletto dell’esistenza di una grotta (Grotta di Jacovo) sita ad un centinaio di metri dalle sorgenti del fiume Sammaro, probabilmente abitata da comunità pastorali dell’età del Bronzo; decisi allora di indagare, e scoprii che la grotta veniva menzionata anche all’interno di un interessante articolo redatto da Giovanna Greco incentrato sulla realtà archeologica di Roscigno.
In seguito ad ulteriori indagini ed ascoltando la gente del luogo, giunsi alla conoscenza della nipote del parroco del paese Maria Felicia Troccoli. Costei, anni addietro, aveva incentrato la sua tesi proprio sulle testimonianze archeologiche di età storica del paese, eseguendo anche lei ricerche sul luogo incentrate però in maniera più specifica sull’aspetto arcaico ed altomedievale, senza escludere però dal testo un accenno alla presenza preistorica nell’area. La stessa studiosa mi ha suggerito perciò di indagare non solo nella grotta, ma anche nell’area di Sacco Vecchia in quanto fonte di probabile presenza pre-protostorica, cosa che puntualmente ho fatto.
Con l’aiuto di una persona esperta del luogo ed appassionata di archeologia ho esplorato minuziosamente la zona individuando così una ventina di reperti distribuiti in tre siti: Gola del Favale, Sacco Vecchio, Grotta di Jacovo.
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Degrado e abbandono nei siti archeologici del Cilento. Sacco: un sito sconosciuto (parte II)
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