Degrado e abbandono nei siti archeologici del Cilento. Sacco: un sito sconosciuto (parte II)
| di Lucia CarielloQual è lo stato dei tanti siti archeologici presenti su territorio cilentano, da Elea-Velia a Roccagloriosa?
Il Giornale del Cilento continua l’analisi iniziata il 9 maggio presso il sito archeologico di Sacco.
Continua da Degrado e abbandono nei siti archeologici del Cilento. Sacco: un sito sconosciuto (parte I)
§3. Gola del Favale
Venendo dal paesino di Roscigno attraverso la Strada Provinciale 342 si giunge, a circa due km. dal paese di Sacco, al ripido sentiero denominato “Gola del Favale” che conduce a Sacco Vecchio. Percorrendolo a piedi è possibile vedere tra il terreno e le pietre numerosi resti frammentari di ceramica o di litica, sparsi lungo tutta la pendenza, ma che si accumulano maggiormente verso la parte più bassa. Si tratta di un sentiero dove evidenti appaiono le tracce di crollo provenienti dall’alto (Sacco Vecchio) ed i basamenti di strutture probabilmente di epoca altomedievale, insieme ad interessanti opere di terrazzamento disseminate lungo il corso del sentiero stesso, immerso a sua volta in una folta vegetazione a tratti punteggiata da ulivi, castagni e querce. È evidente che anche i frammenti protostorici presenti qui non sono in giacitura primaria, ma sono chiaramente discesi dalla sommità, in particolare dall’area dove sorge la chiesa di S. Nicola di Myra.
Dopo aver praticamente scalato una parete rocciosa e cercato di districarmi fra la folta vegetazione scorgo finalmente, volgendo lo sguardo verso l’alto i resti della chiesa di S. Nicola di Myra.
§ 4. Sacco Vecchio
Raggiunto il paese, oltre a constatare la bellezza del luogo, si scorgono chiare le evidenze del passato, in particolare ad Est della chiesa di S. Nicola di Myra si ammirano i resti ancora visibili del castello longobardo che il duca Zottone di Benevento fece erigere intorno al 600 d.C. con il toponimo pare di Castel Vecchio.
Si tratta di una costruzione imponente, che occupa una superficie di circa 3000 metri quadrati.
Essa si compone di un vasto cortile a cui si accede dal portone munito di ponte elevatoio che doveva essere mobile, poiché si scorgono chiare sulle pareti ai lati della porta dei fori ben levigati dalle funi tirate da un argano, della torre quadripartita realizzata al centro della struttura, di vasti saloni dei quali, purtroppo, esiste solo la perimetratura delle mura dirute, di almeno otto stanzoni esposti a mezzogiorno, di alcuni locali sottoposti con volta a botte e della cisterna per la raccolta dell’acqua piovana.
Un accenno a parte meritano la torre a struttura quadrata tipicamente longobarda con parete perfettamente orientata verso un punto cardinale fondamentale e le mura merlate vero gioiello d’arte longobarda.
La rocca appariva sicuramente imponente, essa dominava la valle del Fasanella, del Sammaro e l’intera valle del Calore sino a Paestum.
Nel complesso di evidenza medievale si scorgono evidenti, inoltre, le tracce di epoca paleocristiana, ellenistica e pre – protostorica.
La ricognizione del sito è stata effettuata in un’area abbastanza ampia che include la zona intorno alla chiesa stessa, tutto il settore, a Nord-Ovest di essa, compreso tra la chiesa e la base del castello, e l’interno del castello stesso.
Sono stati individuati un piccolo gruppo di reperti vascolari ed un frammento di selce, attestanti una presenza insediativa risalente probabilmente all’età del Bronzo, nonostante la genericità degli elementi raccolti non consenta di precisare ulteriormente.
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Degrado e abbandono nei siti archeologici del Cilento. Sacco: un sito sconosciuto (parte III)
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