Degrado e abbandono nei siti archeologici del Cilento. Sacco: un sito sconosciuto (parte IV)
| di Lucia CarielloQual è lo stato dei tanti siti archeologici presenti su territorio cilentano, da Elea-Velia a Roccagloriosa?
Il Giornale del Cilento conclude l’analisi iniziata il 9 maggio presso il sito archeologico di Sacco.
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§ 7. Osservazioni
Si è potuto, così, individuare un sito dalla valenza archeologica rilevante, anche se il processo di degrado e abbandono in cui versa pone a rischio non solo una prosecuzione degli studi sull’area, ma addirittura la sua conservazione e la conseguente fruizione delle evidenze che ci sono.
Numerosi risultano i rinvenimenti tali da indurci a ritenere che già in età protostorica fosse stanziata in quest’area una comunità probabilmente attirata in loco dalla natura stessa del territorio, ricco di fonti d’acqua e di naturali possibilità difensive.
I reperti rinvenuti attestano la presenza di un insediamento dell’età del Bronzo di notevole importanza.
Entrando nello specifico della Gola del Favale, osserviamo che probabilmente qui, anche in considerazione della profondità e sinuosità della gola, scorreva un corso d’acqua il cui ingrottamento successivo diede forse origine alle attuali Sorgenti del Sammaro; qui, il materiale rinvenuto testimonia una comunità dagli intensi rapporti commerciali con le aree circostanti ma non solo, vista la facile reperibilità di selce in forma non soltanto di frammento ma anche di nuclei di lavorazione e di ossidiana indicante, evidentemente, contatti tra il sito e le aree costiere.
Maggiore importanza va conferita all’area della sommità settentrionale: è qui, infatti, che probabilmente risiedeva una parte dell’abitato che doveva comprendere evidentemente anche la sommità meridionale che ospita il Castello di Sacco.
Il sito di Sacco Vecchia è considerabile un tipico sito d’altura, naturalmente ben munito e facilmente difendibile.
Si posiziona in modo speculare rispetto al più famoso comprensorio di Roscigno e Monte Pruno, diviso da questo mediante il corso iniziale del fiume Sammaro. Tale solco idrografico costituisce un limite geografico naturale che potrebbe fornire una valida delimitazione territoriale per i due comprensori.
L’abitato era posto a controllo di importanti vie di comunicazione quale la cosiddetta via preistorica che dalla valle del Sele, attraverso la valle del Calore e del Sammaro, toccando la Grotta di Jacovo, passava per Tempa de Li Antici e per la Sella del Corticato e giungeva così al Vallo di Diano.
In questo contesto Tempa de Li Antici (località a 3km circa da Sacco Vecchio), quindi, è un’area di importanza decisiva per la conoscenza del comprensorio, con attestazioni arcaiche che potrebbero risalire fino alla Protostoria. È attraverso questo luogo che si dirama, quindi la cosiddetta Via Preistorica, un’area estremamente ricca di acque convergenti dal Monte Motola, le quali alimentano, ulteriormente, le sorgenti del Sammaro, un fiume che probabilmente motivava l’utilizzo della cosiddetta Grotta di Jacovo o Grotta Grande.
Quest’ultima si trova in un’area decisamente selvaggia e colma di vegetazione, accessibile solo attraverso un impervio sentiero; si tratta di una cavità utilizzata dalle comunità dell’età del Bronzo o per motivi cultuali, in considerazione della relativa vicinanza alle Sorgenti del Sammaro, o per scopi funerari, analogamente ad altre grotte presenti nel territorio, oppure quale riparo dalle intemperie durante il pascolo degli armenti.
La difficoltà nella lettura del sito è dovuta non solo all’opera di degrado in sé, ma anche ai successivi stanziamenti che il sito ha subito (con evidenze che giungono fino a circa il 1715), i quali tendevano, evidentemente, a distruggere il preesistente, dando vita, così, ad una stratificazione archeologica che contribuisce ad accrescere non soltanto l’importanza del sito, ma dell’intera area geografica.
È datato al 14 settembre del 2001 il Progetto di Recupero dell’Area Archeologica di Sacco Vecchia (purtroppo la Grotta pare ignorata), voluto dall’allora sindaco pro tempore Giovanni Greco, il quale diede poi mandato di attuazione allo studio dell’ing. Paolo Breglia. Il progetto, in cui sono coinvolte anche le Soprintendenze archeologiche, artistiche ed ambientali competenti per territorio, nello specifico è finalizzato alla valorizzazione, riscoperta e creazione di itinerari culturali nell’area. Esso, purtroppo, non ha avuto al momento ancora nessun riscontro effettivo, per cui la sua realizzazione, per quanto auspicabile, è ancora lontana da venire.
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