Incubo finito per ex soprintendente Miccio: «Non fu corruzione»
| di Marianna Vallonedi M.V.
Prosciolti dalle accuse di corruzione l’ex soprintendente di Salerno Gennaro Miccio e il funzionario della Soprintendenza Domenico Palladino, imputati con altre 18 persone, nell’ambito dell’inchiesta su una lottizzazione abusiva a Castellabate. Per il gup del tribunale di Vallo della Lucania, che ha accolto la tesi difensiva del legale dell’ex soprintendente, l’avvocato Franco Maldonato, dichiarando il non luogo a procedere perché il fatto non sussiste, non ci fu alcun atto corruttivo dietro la nomina di un architetto. Al centro dell’inchiesta vi è il rilascio, da parte della Soprintendenza, di un provvedimento autorizzativo per un intervento edile riguardante la realizzazione di strutture abitative in contrada Alano a Castellabate.
Nel 2015 il progetto ebbe un primo parere negativo dalla soprintendenza e giustificato dalla circostanza che «il progetto prevedeva un intervento edile di eccessiva consistenza plano volumetrica», a cui fece seguito un cambio di rotta motivato da una “rimodulazione” del progetto che faceva ritenere l’intervento «compatibile con la tutela del sito». Questo cambiamento per la Procura, «conteneva modifiche irrilevanti sotto il profilo plano-volumetrico consistenti in una diversa collocazione di un muro perimetrale tale da incidere in minima percentuale sulla volumetria».
Proprio questa autorizzazione concessa dalla Soprintendenza e definita «atto contrario ai doveri d’ufficio» sarebbe stata finalizzata, secondo la tesi della Procura a far ottenere la nomina dell’architetto, «persona vicina a Miccio e a Palladino». Una tesi che però il gup ha bocciato.
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