“Ingiusta detenzione” per due cilentani, Cassazione: nessun risarcimento

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“Ingiusta detenzione” per due cilentani, Cassazione: nessun risarcimento

di Antonio Vuolo

Avevano chiesto un risarcimento per ingiusta detenzione. A porre la parola fine è stata la Corte di Cassazione che ha rigettato definitivamente il ricorso, condannando di fatto le due persone coinvolte al pagamento delle spese processuali. Si tratta di un 69enne di Capaccio Paestum e di un 40enne di Agropoli, finiti agli arresti domiciliari, a seguito di un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminare di Vallo della Lucania, perché ritenuti gravemente indiziati dei reati di associazione per delinquere e truffa aggravata continuata in danno di un istituto di credito, procedimento poi conclusosi con l’assoluzione del delitto associativo e con la dichiarazione di estinzione degli altri reati contestati per prescrizione. La Corte di Cassazione, infatti, ha ritenuto infondati i ricorsi.

«In altri termini, i Giudici hanno considerato che, sebbene non fossero emersi elementi sufficienti per il reato associativo e fossero state dichiarate prescritte le singole truffe, consistenti in gravi e reiterati inadempimenti contrattuali ai danni della banca, il silenzio serbato dai ricorrenti, proprio perché soggetti qualificati e competenti ,ed in considerazione del contesto, aveva integrato la colpa grave, avallando rapparentia juris della fondatezza dell’editto accusatorio in ordine al reato associativo. – si legge in uno dei passaggi della sentenza – Del resto, le truffe erano state reiterate ed erano state perpetrate da soggetti che erano amministratori di diritto e di fatto di plurime società, sicché il quadro indiziario complessivo restituiva il dato della probabile esistenza di un sodalizio criminoso».

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