Enrico Gandolfini ci racconta la “sua” Camerota del passato
| di Giuseppe GalatoSono le 20:00 e Marina Di Camerota sembra per un attimo essersi riempita di un pugno di turisti che, approfittando del ponte del Primo Maggio, si sono recati nel piccolo centro cilentano per passare un fine settimana di relax. Un po’ come Enrico Gandolfini, il quale nella giornata di domani dalle ore 18:00 presenterà il suo ultimo lavoro bibliografico presso il Lido Del Poggio: "Quando Gli Ulivi Scendevano A Mare".
Seduti ad un tavolino all’interno de L’Angolo Divino sul lungomare di Marina Di Camerota parliamo del più e del meno prima di iniziare la nostra informale intervista. Mi parla del passato di Camerota, dei suoi ricordi, quasi come fosse lo zio-protagonista del proprio romanzo: "Il libro parte da un dialogo fra zio e nipote. Un dialogo che inizia con la voglia del nipote di ascoltare le storie narrate dallo zio ma che improvvisamente si interrompe per essere ripreso solo alla fine" intanto che il libro prosegue con le vicende che vanno dal sacco di Camerota da parte dei saraceni agli anni ’60 passando per l’emigrazione.
Un tuffo nei ricordi. Un tuffo in quel mare che accompagna il lettore di racconto in racconto: "La scelta di ambientarlo a Marina Di Camerota è solo un pretesto narrativo legato ai miei ricordi personali o ai ricordi di altre persone che a loro volta mi hanno narrato esperienze altrui, ma sono storie che si potrebbero adattare a qualsiasi altro luogo. Perché le storie sono sempre le stesse".
Sei storie che prendono spunto tutte da un oggetto "perché ogni oggetto dietro di sé ha una storia, e basta guardarlo per riuscire a carpirla". Oggetti o persone/personaggi, come gli "scemi del villaggio" Menicuccio e Gennarino, oppure come un "sasso qualunque" che poi così "qualunque" non è.
"Nelle storie c’è sempre una parte conosciuta ed un’altra dimenticata", così Gandolfini si diverte a suddividere i suoi racconti in due parti, una in stampatello, che diventa il narrato "ufficiale", ed una in corsivo, che è la ricostruzione della storia, inventata, che solo il lettore potrà conoscere ma che i personaggi del libro non scopriranno mai: "ma in fondo ognuno di noi inventa solo ciò che c’è. Cos’è un drago se non un dinosauro con delle ali di pipistrello? L’impensabile è impensabile. Puoi inventare solo la realtà".
Neanche il soprannaturale è allora così astruso dalla realtà: "La ragione non è il pensiero. Il pensiero è molto più vasto. Un po’ come trovarsi di fronte a un muro e scegliere se fermarsi e tornare indietro o accettare. Io accetto".
Un po’ come uno dei personaggi di "Quando Gli Ulivi Scendevano A Mare", colto dalla tormenta durante una nuotata e costretto a trovare un modo per far fronte al problema fino ad abbandonarsi a quelle onde lasciandosi trasportare dalla corrente man mano fino alla riva: "Il nuotatore capisce che il solo modo per non annegare è quello di rilassarsi, allora inizia a raccontarsi delle storie per distrarsi. Ma al contempo, di tanto in tanto, cerca di virare verso la riva. La ricongiunzione con la terra vedrà un uomo totalmente diverso". Una sorta di rinascita dal mare-liquido amniotico. Ancora quel mare che accompagna tutto il libro. Quel rinascere dal narrare che è un po’ ciò che fa lo stesso Gandolfini "nuotando" nei propri ricordi.
La nostra chiacchierata si sposta all’esterno del locale. La malinconia che accompagna "Quando Gli Ulivi Scendevano A Mare", i ricordi di un tempo andato, distrutto dalla cementificazione e dalla mala amministrazione, si palesa ora sotto i nostri occhi: "Guarda questi locali, questo lungomare, il campo sportivo trasformato in parcheggio. Credi che il turismo si faccia in questo modo? Con giostre e locali sulla spiaggia che mettono musica assordante a tutto volume? Quanti mesi all’anno si lavora di turismo a Marina Di Camerota? In un posto del genere si dovrebbe lavorare come minimo per sei mesi all’anno. Io ormai ho abbandonato da anni l’idea di venire a trascorrere qui le mie vacanze estive, nel traffico e nel chiasso. Se voglio questo tipo di divertimento vado a Rimini, ma almeno lì hanno i servizi. Questo tipo di scelte portano un turismo basso fatto di persone che non spendono e vengono solo per poche settimane in estate. Valorizzare il territorio dovrebbe essere l’alternativa puntando sulle bellezze paesaggistiche, storiche e archeologiche che il posto offre dando vita a un turismo d’eccellenza".
Ma come fare?
"Credo che la cosa più importante sia rinascere dalla cultura, come cerca di fare anche l’associazione TUTTiNSIEME. Devono essere per primi i genitori ad insegnare ai figli che questa società del consumo è sbagliata. Ci hanno insegnato a vedere la povertà come privazione, ma la povertà non è non avere subito un oggetto che tutti hanno. Il consumismo ha trasformato il desiderio, il vero desiderio, in obbligo. Se non hai il cellulare all’ultima moda non sei nessuno. E questo genera frustrazione".
Il nostro sguardo si rivolge per un attimo verso le torri saracene, da anni lasciate lì al proprio destino, imprigionate in una griglia di impalcature quasi come in una prigione: "Perché succede tutto questo? Perché la residenza estiva del marchese, il castello di Marina Di Camerota, è stato completamente distrutto all’interno? E presto cadrà, gli do al massimo 10 anni. Perché tutte quelle costruzioni abusive nel vallone di Marco? Colpa della mala amministrazione, certo, ma anche dell’acquiescenza delle persone. Le persone non dicono niente, non si ribellano, si limitano a pensare alla propria sfera personale e a quel contentino economico che arriva per poche settimane in estate, figlio di una politica sbagliata che non porta vero turismo. Il vero amministratore pubblico non si limita all’oggi ma deve avere un occhio verso il futuro, deve avere la capacità di stilare progetti a lungo termine che portino al miglioramento. Prendi come esempio la Costa Smeralda".
Si è fatto tardi ed intanto che passeggiamo per il lungomare incontriamo una marea di giovani pronti per andare al Ciclope: "Lo sai cos’era prima quello che poi è diventato Il Ciclope? La casa di un pastore dove viveva con sua moglie e sette figli. Prima che fosse fatta la strada. Poi, una volta costruita la strada che collega Marina Di Camerota a Palinuro, quando fiutarono l’opportunità di creare un locale in quella zona, venne cacciato via dall’amministrazione. Morì il giorno di inaugurazione del Ciclope".
La malinconia di "Quando Gli Ulivi Scendevano A Mare" è puro sentimento di amore verso una terra ormai brutalizzata. Una terra che avrebbe potuto dare tanto ma che gli esseri umani non hanno saputo sfruttare. Una terra ormai diversa da ciò un tempo era e che non tornerà più: "A volte mi sembra come se tutto ciò che ricordo non sia mai esistito".
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