Trequarti: “l’arte intesa come ricerca e libera espressione”
| di Giuseppe GalatoMusica, poesia e impatto scenico si fondono nelle suggestioni dei Trequarti, trio originario di Gioi Cilento.
Gli abbiamo fatto qualche domanda per capire meglio i loro progetti.
D: Chi sono i Trequarti?
R: Francesco Bianco alle chitarre e all’elettronica, Rosanna Salati voce e tastiere, Silvia Scarpa voce recitante. Sono tre amici che si conoscono da sempre e che decidono di unirsi e costituire un gruppo sulla base di una comune passione per l’arte intesa come ricerca e libera espressione. Il nostro progetto non nasce solo come risposta ad una esigenza estetica, ma anche come risultato di un vissuto comune che confluisce costantemente nel nostro lavoro.
D: Come nasce l’idea di unire alla poesia la musica?
R: Nasce istintivamente per poi raffinarsi nella consapevolezza di creare uno spazio di interazione aperto a diverse modalità espressive: suono, canto e parola. Vorremmo sottolineare che nel nostro progetto la musica non è soltanto accompagnamento alla parola recitata, ma gioca con essa in maniera dialettica, a volte sommergendola di suono, altre ponendola in primo piano. Fra le diverse componenti non vi è alcuna predominanza, esse interagiscono sullo stesso piano.
D: Vi siete ispirati a qualche band già esistente come Massimo Volume e Offlaga Disco Pax?
R: Non ci siamo ispirati a realtà simili. Nel progetto sono confluite le nostre precedenti esperienze legate al rock dei CSI, a quello psichedelico dei Pink Floyd, al R&B. Altri punti di riferimento sono le sperimentazioni strumentali e vocali di Luciano Berio e l’elettronica nei suoi molteplici utilizzi.
D: Il vostro è un progetto ambizioso: siete in contatto con qualche etichetta discografica o come avete pensato di muovervi per farvi conoscere?
R: Purtroppo non siamo riusciti finora a stabilire rapporti con etichette o agenzie di promozione. Per ora puntiamo sull’autopromozione e sull’autoproduzione. Sabato 5 marzo, nell’ambito della mostra fotografica “Flusso” tenutasi al Thermopolium di Gioi, abbiamo eseguito una performance creata per l’occasione. Abbiamo presentato poi nei giorni scorsi il nostro spettacolo al Teatro Comunale di Vallo della Lucania all’interno del laboratorio “Officina Teatrale”. Siamo inoltre alla ricerca di altri spazi nei quali proporre il nostro spettacolo live. Il 19 marzo saremo a Parma al circolo culturale Materia Off, a metà aprile a Roma nell’auditorium della facoltà di Lettere di Tor Vergata.
D: I vostri live sono sempre onirici, anche grazie alla ricerca di un impatto visivo: quanto conta per voi anche il fattore scenografia?
R: Conta molto considerando la forte componente evocativa della nostra musica. La scenografia e la presenza scenica guidano lo spettatore nella fruizione di una esperienza che potremmo definire sensoriale.
D: Come nascono i vostri brani?
R: Il nostro metodo di lavoro è quanto mai vario. Ogni brano nasce in maniera diversa. Di solito componiamo insieme, sperimentando di volta in volta diverse soluzioni legate all’istinto ed elaborate tramite precise intuizioni. Stiamo però ora orientandoci verso una dimensione creativa diversa basata su una più profonda e cosciente ricerca con conseguente sperimentazione. Partendo da una stessa base concettuale viene generato tutto il materiale dell’opera; in questo modo un solo concetto viene analizzato da tre prospettive differenti.
D: Com’è stato per voi nascere e crescere come musicisti nel Cilento?
R: Di certo il Cilento ci ha dato e ci da ancora oggi l’ispirazione primaria che anima il nostro lavoro. In questo territorio però ci sembra molto difficile trovare un reale confronto artistico-intellettuale che stimoli una crescita utile al singolo e a tutta la nostra comunità.
D: Ci sono abbastanza spazi e opportunità nel Cilento per chi vuole fare musica e arte in generale?
R: Gli spazi ci sono, ma la gestione degli stessi nella stragrande maggioranza dei casi è indirizzata verso una riproposizione statica di modelli ormai metabolizzati e per niente rinnovati, assoggettata a logiche commerciali. Questa realtà si presenta come un circolo vizioso generato da un appiattimento culturale che rinnova se stesso. Con ciò non vogliamo disdegnare né la tradizione né l’arte come intrattenimento; vogliamo denunciare la mancanza di canali differenti che permettano l’uscita dalla monotonia culturale nella quale ci troviamo e la necessità di una classe dirigente capace e cosciente della figura dell’artista.
D: Volete aggiungere qualcosa?
R: Noi speriamo di continuare a vivere questa nostra esperienza artistica come esigenza personale in modo tale da non abbandonare mai l’autenticità di ciò che vogliamo comunicare.
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