Sulla storia locale… A scuola nel Cilento…
| di Giuseppe ConteUn tempo l’istruzione primaria nel Cilento era piuttosto diffusa sotto l’aspetto “dei punti di erogazione del servizio”: fino agli anni ’80, i plessi di scuola elementare erano praticamente presenti ovunque, disseminati e frazionati sul territorio, anche nei paesi più piccoli dove la popolazione scolastica registrava numeri esigui.
Spesso, a causa dell’eccessiva lontananza dai presidi più vicini, ed in seguito a regolazioni che prevedevano l’obbligo scolastico, e dunque nel dover assicurare l’istruzione a tutti, sorsero già nella prima metà del secolo scorso, le scuole un tempo note come rurali o di campagna.
La possibilità di costituire punti di raccolta, almeno inizialmente, era impresa ardua, pertanto i maestri giunsero finanche alle contrade più minute e negli agglomerati abitativi più ristretti, ove vi fosse la garanzia di almeno 5 scolari.
E casi del genere nel Cilento ve ne erano svariati; ad esempio, nel comprensorio di Serramezzana, il comune più piccolo della Campania, esistevano ben tre plessi scolastici (tutti soppressi da diversi anni), uno nel capoluogo e due nelle rispettive frazioni: Capograssi e San Teodoro; nel comune di Orria le scuole elementari avevano sede nel capoluogo, nella frazione di Piano Vetrale e nella contrada Casino Lebano (quest’ultima una mangiata di case a cui facevano riferimento anche i bambini provenienti dalle campagne circostanti); in agro di Laurino si trovava la scuola rurale o di montagna presente nella vallata di Pruno. Sono questi solo alcuni dei casi, e la lista potrebbe protrarsi per molto ancora.
È ovvio che una tale situazione aveva pro e contro; se ciò permetteva l’abbattimento di alcune barrire, come l’eccessiva difficoltà per raggiungere i centri maggiori, dall’altro lato vi erano una serie di problematiche logistiche.
Nelle borgate più isolate i maestri riscontravano le prime difficoltà già nel raggiungere le rispettive sedi di servizio soprattutto nei mesi invernali.
Ma le problematiche dell’istruzione “nelle zone rurali” (ex scuole di montagna e anche quelle spesso definite di “campagna”) non si limitavano a questo.
Tuttavia, nonostante questa capillare diffusione dei punti di erogazione del servizio, come per gli insegnanti, una prima difficoltà per gli alunni era raggiungere l’edificio scolastico dalle loro abitazioni che non di rado erano situate nel cuore delle campagne e piuttosto distanti dalla sede scolastica di riferimento.
E ancora, non tutte le scuole avevano sede in strutture appositamente costruite, ma spesso erano allocate in “edifici di fortuna”, adattati a struttura scolastica: ad esempio in alcune borgate, le lezioni erano impartite nella casa canonica adiacente la chiesa del paese o in stanze prese in fitto da privati e, spesso non erano dotate di strumenti adeguati per lo svolgimento delle attività didattiche ma possedevano solo il necessario più stretto; alcune trovavano spazio nei locali sovrastanti i ricoveri per gli animali e possedevano banchi, sedie e magari la lavagna.
Questa capillare diffusione del servizio si è mantenuta tale almeno fino agli anni ’70, per poi declinare alle soglie degli anni ’90 del secolo scorso, quando via via i plessi di scuola elementare iniziarono letteralmente a scomparire, sia per i cambiamenti della società, sia per le condizioni più favorevoli in termini di spostamenti e soprattutto per la drastica diminuzione degli iscritti, dovuta essenzialmente all’emigrazione di intere famiglie, le quali lasciarono le campagne spopolate e i paesi semi-deserti.
Per sopperire al fenomeno della scarsità numerica, gran parte di queste scuole erano organizzate con le cosiddette “pluriclassi” (spesso unica) la quale accoglieva tutte le classi e, fino agli anni ’90, sotto la guida di un unico insegnante.
Oggi, a causa del continuo calo demografico, alcune fra le scuole rimaste sono gestite secondo questa tipologia organizzativa.
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