Janus, a 81 anni in bici «sulla luna»: «Camerota è un incanto»
| di Luigi Martino«Ero morto ma sono rinato all’alba del 2000. Oggi ho conosciuto Camerota e mi ha lasciato senza parole». Janus River ha 81 anni. Gira il mondo in bicicletta dal 31 dicembre del 1999. Anche se lui, con quell’accento buffo, continua a ripetere «millenovantanove». Lo aiutiamo noi per ricambiare la sua completa disponibilità a raccontarci una storia bellissima. Lo ha aiutato Vito Prati, cittadino del posto impegnato a promuovere Camerota negli uffici della Pro Loco presieduta da Gino Del Gaudio. E lo ha incontrato il sindaco, Mario Salvatore Scarpitta, al quale Janus ha promesso di ritornare presto a salutarlo. Ma chi è quest’uomo alto con un taglio da ragazzino e una bicicletta super attrezzata?
E’ nato in Siberia da padre polacco e mamma russa. E’ il cicloviaggiatore più famoso del mondo e parla diverse lingue. Mangia solo frutta e verdure e pedala senza sosta, senza fermarsi di fronte alle condizioni atmosferiche. Alcune città italiane gli hanno conferito la medaglia di cittadino onorario. «A causa dell’opprimente regime comunista sono fuggito dalla Polonia che avevo 28 anni. Prima sono stato in Egitto – racconta Janus – per un periodo non lunghissimo. Poi, per tanti anni, in Italia, dove ho lavorato come manager nel mondo del calcio (ero amico di campioni internazionali e di Aldo Biscardi) e dello spettacolo». Fin quando, a poche ore dall’inizio del nuovo millennio, ha deciso di andare via.
«Ho dormito per l’ultima volta in un letto con la biancheria il 30 dicembre del 1999. Il giorno successivo, alla vigilia del Capodanno, ho deciso di farmi un regalo e, all’insaputa di tutti, sono andato via. Da quel giorno ho percorso circa 400 mila chilometri in sella alla mia bicicletta (come fossi andato sulla luna), ho visitato 200 nazioni e ho raccontato la mia storia a migliaia di persone». Janus vuole restare in piedi di fronte alla telecamera. «Non mi siedo mai, o vado in bici o cammino» ci ha spiegato. Vive con meno di tre euro al giorno. E dorme dove capita. Nei sacchi a pelo, in mezzo alla natura, sulle spiagge o in strutture messe a disposizioni da enti o privati. Lo aiutano tutti lungo il suo tragitto. Ora è impegnato nel suo giro d’Italia personale che culminerà il mese prossimo a Civitavecchia, nel Lazio. «Da lì prenderò la nave e andrò verso l’America. Voglio raggiungere la Pataognia e poi Pechino entro il 2028». La sua età non lo preoccupa. Dice di voler morire libero e alla domanda «perchè lo fai?». Lui risponde: «Per la libertà e per i bambini».
A Marina di Camerota ha avuto l’occasione di incontrare tanti cittadini emigrati dal Venezuela. Con loro ha parlato della situazione politica attuale nella terra di Simon Bolivar. Poi si è recato proprio ai piedi della statua dedicata al Libertador e ha scattato qualche foto. «Resto sempre aggiornato su quello che accade nel mondo. Parlo con la gente e quando trovo qualche computer disponibile mi aggiorno con i quotidiani online» spiega. «Non sono mai caduto dalla bicicletta, da quando sono partito non ho mai preso una medicina e non ho mai avuto bisogno di un dottore». Un monaco buddista della Cambogia un giorno gli disse: «Vivrai fino a cento anni». E Janus, quindi, dice di avere ancora più di 17 anni a disposizione per completare la sua missione.
«Con me non porto nulla. La roba materiale non mi interessa. Preferisco far accrescere il bagaglio di emozioni e vorrei diffondere la mia filosofia di vita. Chiedo ospitalità perché, alla fine del mio viaggio, donerò tutti i miei risparmi ai bambini orfani russi. Sono oltre 50 mila: spero di riuscire a devolvere cinque euro a ogni bimbo». E’ una missione nella missione la sua. E ha deciso di affrontarle in sella ad una due ruote per un motivo molto semplice: «La bici è sinonimo di libertà. Dopo ogni salita c’è una discesa». Apre le braccia quando gli chiediamo di scattare una fotografia con Marina di Camerota sullo sfondo. Poi dice: «Meglio fare questo segno qui, è il segno della vittoria. Io nella mia vita, in qualunque caso vadano le cose, ho già vinto. Per questo faccio questo simbolo qui».
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