“La Canzone di Marinella”: il capolavoro di De André che trasformò il dolore degli ultimi in poesia eterna
| di Giuseppe AmorelliFabrizio De Andrè apparteneva alla cosiddetta “Scuola genovese” dei cantautori italiani insieme a Gino Paoli, Umberto Bindi, Bruno Lauzi, Luigi Tenco, Sergio Endrigo, Piero Ciampi, Fabrizio Paolo Conte Essi si ispiravano, sia nei contenuti che nella forma, alla musica proveniente dall’America, quella rock e jazz in particolare e in primo luogo a Bob Dylan, ma successivamente anche ai “chansonniers” francesi che annoverava artisti come Jacques Brel, George Brassens, Charles Aznavour. La “rivoluzione “ operata dai cantautori italiani, nel panorama musicale italiano di metà anni 60, è consistita nel mettere da parte la musica di largo consumo, ancora attardata sulle rime cuore/ amore / dolore, e sulla scorta di movimenti culturali, e infondere nei brani uno spirito nuovo di contestazione, di ribellismo, anticonformista, antiborghese, dove protagonista diventa il sociale Questi cantautori sono espressione dell’ ‘insoddisfazione giovanile sia in campo culturale, che sociale e anche sessuale contrapponendosi a quella delle generazioni precedenti. Vengono sottoposti a duro giudizio i valori fondamentali del passato: famiglia, scuola, istituzioni, religione ecc, e i rappresentanti di questi valori. La poesia e la musica di De André sono al servizio della società del suo tempo e rappresentano uno strumento potente di denuncia e di valorizzazione delle classi disagiate.
Don Andrea Gallo il prete di strada che si è fatto conoscere durante tutta la sua vita per l’impegno verso le condizioni umane dei disagiati e degli ultimi, dei dimenticati e per questo definito:” ribelle e profeta,” in una dedica a Fabrizio De Andrè scrisse :”Caro Faber, da tanti anni canto con te, per dare voce agli ultimi, ai vinti, ai fragili, ai perdenti. Canto con te e con tanti ragazzi in Comunità. La tua morte ci ha migliorati, Faber, come sa fare l’intelligenza. Abbiamo riscoperto tutta la tua «antologia dell’amore», una profonda inquietudine dello spirito che coincide con l’aspirazione alla libertà. I miei vangeli non sono quattro… Noi seguiamo da anni e anni il vangelo secondo Fabrizio De André, un cammino cioè in direzione ostinata e contraria. E possiamo confermarlo, constatarlo: dai diamanti non nasce niente, dal letame sbocciano i fiori.”
De Andrè infatti, come d’altronde Bob Dylan, avevano in comune un “ file rouge “ un insegnamento Omerico, ovvero: “Canta o Musa e attraverso me, racconta la storia.”
“La canzone di Marinella” è una delle più belle canzoni italiane di tutti i tempi; è un brano malinconico, lento, dolce e triste: E’ “una storia” Fabrizio De Andrè lo compose il nell’anno 1962 ma lo pubblica solo nel 1964. venne resa celebre da una interpretazione di Mina del 1967.
Lo stesso De André ha raccontato più volte, e in particolare in un’intervista a Luciano Lanza, l’origine di questa celeberrima ballata: “La canzone di Marinella non è nata per caso, semplicemente perché volevo raccontare una favola d’amore. È tutto il contrario. È la storia di una ragazza che a sedici anni ha perduto i genitori, una ragazza di campagna dalle parti di Asti. È stata cacciata dagli zii e si è messa a battere lungo le sponde del Tanaro e un giorno ha trovato uno che le ha portato via la borsetta dal braccio e l’ha buttata nel fiume e, non potendo fare niente per restituirle la vita, ho cercato di cambiarle la morte. Così è nata La canzone di Marinella, che se vogliamo ha anch’essa delle motivazioni sociali, nascostissime. Ho voluto completamente mistificare la sorte di Marinella. Non ha altra chiave di lettura se non quella di un amore disgraziato; se tu non racconti il retroscena è impossibile che uno pensi che all’origine c’è una gravissima problematica sociale. Certi fatti della realtà, soprattutto quand’ero giovane, mi davano un grande fastidio; allora cercavo di mutare la realtà.”
“Faber” in un’altra intervista con Vincenzo Mollica, racconta che“La canzone di marinella , come dice in apertura è una “storia vera” Un fatto di cronaca nera che avevo letto a quindici anni su un giornale di provincia. La storia di quella ragazza mi aveva talmente emozionato che ho cercato di reinventarle una vita e di addolcirle la morte. Continua faber: “Sono legato a questa canzone perché, indipendentemente dal suo valore, trovo che ci sia un perfetto equilibrio tra testo e musica, diciamo che sembra quasi una canzone napoletana scritta da un genovese.”Nelmomento in cui Mina negli Anni Sessanta cantò ‘La canzone di Marinella’ determinò anche la mia vita.”
Nei brani che De Andrè, compone, come anche nella “La canzone di Marinella, egli si concentra soprattutto sulla vita degli ultimi, dei diseredati, delle prostitute, dei poveri, degli emarginati. Attraverso la poesia e la musica De André da dignità a questipersonaggi posti ai margini di una società gretta e divisiva che rende costoro invisibili e ripudiati dalla collettività e li assurge averi e propri eroi, da celebrare, come ha affermato qualcuno:”come si celebrano i personaggi delle fiabe o gli uomini più grandi.”
Questa di Marinella è la storia vera
Che scivolò nel fiume a primavera
Ma il vento che la vide così bella
Dal fiume la portò sopra una stella
Sola senza il ricordo di un dolore
Vivevi senza il sogno d’un amore
Ma un re senza corona e senza scorta
Bussò tre volte un giorno alla tua porta
Bianco come la luna il suo cappello
Come l’amore rosso il suo mantello
Tu lo seguisti senza una ragione
Come un ragazzo segue l’aquilone
E c’era il sole e avevi gli occhi belli
Lui ti baciò le labbra ed i capelli
C’era la luna e avevi gli occhi stanchi
Lui pose le sue mani sui tuoi fianchi
Furono baci e furono sorrisi
Poi furono soltanto i fiordalisi
Che videro con gli occhi delle stelle
Fremere al vento e ai baci la tua pelle
Dicono poi che mentre ritornavi
Nel fiume, chissà come, scivolavi
E lui che non ti volle creder morta
Bussò cent’anni ancora alla tua porta
Questa è la tua canzone, Marinella
Che sei volata in cielo su una stella
E come tutte le più belle cose
Vivesti solo un giorno, come le rose
E come tutte le più belle cose
Vivesti solo un giorno, come le rose
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