La pressione sociale che schiaccia i giovani: l’università non deve essere una corsa contro il tempo

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La pressione sociale che schiaccia i giovani: l’università non deve essere una corsa contro il tempo

Ancora una volta. Ancora uno studente. Ieri, all’Università di Salerno, un giovane di 27 anni si è lanciato nel vuoto dal parcheggio multipiano del campus di Fisciano. Un atto estremo che lascia dietro di sé tanto dolore ma anche un interrogativo che nessuno vuole davvero affrontare: perché sempre più studenti universitari si tolgono la vita?

E non è un caso isolato. Basta una ricerca veloce tra le cronache degli ultimi mesi per scoprire che episodi simili accadono con una frequenza impressionante in tutta Italia, atenei prestigiosi, città universitarie di tradizione, luoghi che dovrebbero rappresentare il futuro e la speranza, ma che spesso si trasformano in scenari di disperazione.

I numeri parlano chiaro. Secondo l’Istat, il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani italiani sotto i 25 anni. E molti di questi giovani sono studenti universitari. Giovani che non reggono il peso di quel sistema che li spreme, li valuta, li giudica, ma non sempre li ascolta.

Diciamo continuamente che il successo è tutto, che il fallimento non è contemplato, che la vita è una corsa senza soste. Ansia da prestazione, la paura costante di non essere all’altezza. E, fuori dalle aule, un futuro incerto in un mondo che sembra non avere posto per tutti.

E allora? Che fare? La risposta non può essere la solita pacca sulla spalla e il minuto di silenzio.

Bisogna riconoscere e valorizzare il merito, certo, ma senza cadere nella trappola della divinizzazione di chi raggiunge traguardi accademici in tempi record. In Italia, i laureati più giovani spesso vengono celebrati come fenomeni straordinari. La pressione sociale e accademica può diventare schiacciante e il rischio è quello di alimentare un modello distorto, in cui il valore di una persona viene misurato solo dai titoli conquistati nel minor tempo possibile, a scapito di una crescita personale solida.

Il talento e l’impegno vanno riconosciuti, ma senza trasformarli in un’ossessione collettiva. L’università non è una corsa contro il tempo, ma un percorso di formazione, di crescita personale. E il vero successo è trovare la propria strada, con i propri tempi, anche lenti, e le proprie ambizioni, anche se possono sembrare più semplici.

E poi sì, servono servizi psicologici reali, accessibili e gratuiti: più supporto, più attenzione al loro benessere. Ma soprattutto: smettere di girarci dall’altra parte, perché ogni vita spezzata non è solo una tragedia personale, ma il fallimento di un’intera società.

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