La socialità come terapia, in piazza a Castel Ruggero lo spettacolo degli ospiti della Sir
| di Marianna ValloneCon i volti raggianti, e un fare disinvolto, tra comicità, ed emozione, gli ospiti della Sir, Struttura intermedia residenziale di Castel Ruggero, hanno dato vita al loro spettacolo teatrale. Non tra le mura della struttura dove vivono, ma nella piazza accogliente e viva del borgo di Castel Ruggero, nel comune di Torre Orsaia. Dall’alto del palcoscenico, sono pronti a regalare sorrisi e riflessioni al pubblico, impaziente di essere coinvolto nella narrazione di una storia, la loro. Lo spettacolo teatrale diventa così un luogo d’incontro fra esperienze di vita, comprese quelle marcate dalle fragilità. Da qui l’idea di Caterina Speranza, referente della Struttura Intermedia Residenziale di Castel Ruggero, e del parroco don Antonio Marotta, di coinvolgerli in prima persona nelle vesti di “attori”.
«Portare in piazza, durante una festa religiosa, uno spettacolo teatrale significa superare le fragilità e le diversità, che si trasformano in ricchezza. In questo modo non sono più diversità, ma meravigliose unicità. – spiega Caterina Speranza, che si prepara a festeggiare i 25 anni dell’apertura della struttura. – Abbiamo voluto regalare un momento di gioia e riflessione alla comunità di Castel Ruggero, dove i nostri ospiti si sono integrati da subito. Dopo due anni di pandemia, è stato importante ricordare che siamo prima di tutto esseri umani con fragilità ma anche unicità».
Il messaggio è arrivato ed ha colto nel segno. La serata tra arte, teatro, canto, poesia e balli, è diventata la testimonianza dell’accoglienza della diversità contro ogni pregiudizio e stigma sociale, che parte dalla malattia psichiatrica.
Lo ribadisce don Antonio Marotta, che con gli operatori parrocchiali ha voluto inserire nella programmazione di una festa patronale, eventi che siano momenti di arrivo e di partenza, fonte e culmine di un percorso che deve partire dalle necessità delle persone.
«E’ necessario attualizzare il Vangelo e comunicarlo con le forme e il linguaggio attuali. – ha spiegato il sacerdote – Farlo realizzando iniziative che mettano in rete tutte le agenzie educative, dalla famiglia alla parrocchia, valorizzando i carismi delle singole personale, integrandoli in un laboratorio di fraternità sociale, perché le fragilità delle persone possano essere rivalutate come risorse». Una festa patronale che ricordi quelle di una volta, quando la festa in piazza era un evento aggregativo al quale si giungeva dopo una preparazione di mesi e dal quale si ripartiva nuovamente. Il Vangelo non solo nella teoria ma «dando vita a eventi inclusivi e partecipativi, che educhino tutti al bene comune».
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