Lama nell’addome e cinque ore sulla barella: due medici rinviati a giudizio nel salernitano
| di RedazioneDue medici, uno del servizio 118 e l’altro in servizio al pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria della Speranza di Battipaglia, sono stati rinviati a giudizio in seguito alla tragica morte di Giuseppina Lozza, una donna di 54 anni, deceduta il 12 maggio 2022 a causa di una peritonite acuta provocata dalla presenza di un coltello nell’addome.
Il drammatico episodio si è consumato dopo un’attesa di oltre cinque ore a bordo di un’ambulanza, durante la quale la paziente non ha ricevuto l’assistenza necessaria. Secondo le ricostruzioni investigative, Giuseppina Lozza aveva accusato dolori addominali già la sera prima, spingendo la famiglia a richiedere l’intervento del 118. Tuttavia, il medico di turno, Guido Germano Dattoli, sarebbe intervenuto senza monitorare adeguatamente i parametri vitali della donna, permettendo che rimanesse sull’ambulanza dalle 16:07 alle 20:55, nonostante un quadro clinico grave.
L’arrivo in ospedale, però, non ha migliorato la situazione. La dottoressa Gemma D’Acampora, in servizio al pronto soccorso, pur avendo visitato la paziente alle 16:51, avrebbe omesso di predisporre accertamenti diagnostici urgenti o terapie per la Lozza, la quale è rimasta sull’ambulanza fino alle 21:00. Quando finalmente le è stato concesso l’ingresso in ospedale, era ormai troppo tardi: la donna è deceduta dopo circa 45 minuti.
L’inchiesta, guidata dal pubblico ministero Mafalda Daria Cioncada e condotta dai carabinieri della Stazione locale, ha portato alla formulazione dell’accusa di cooperazione in responsabilità colposa per morte in ambito sanitario. Secondo l’accusa, i due medici avrebbero agito con negligenza, imprudenza e imperizia, contribuendo alla morte della paziente. La perizia medico-legale, firmata dal dottor Nicola Maria Giorgio e dall’anatomopatologo Antonio Mirabella, ha evidenziato che una radiografia avrebbe probabilmente salvato la vita della donna, rilevando tempestivamente la lama di un coltello di nove centimetri nell’addome.
I familiari di Giuseppina Lozza, rappresentati dall’avvocato Assunta Mutalipassi, si sono costituiti parte civile nel processo, che vedrà la prima udienza all’alba del 2025 presso il Tribunale di Salerno, di fronte al giudice monocratico Giuseppe Bosone.
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