Le ali, la testa, la coda: lo straordinario potere della parola
| di Mariella MarchettiLe parole vanno maneggiate con cura, sono pietre, possono ferire come fendenti, uccidere, curare, lenire, sollevare, consolare. Solo per noi, per gli esseri umani, il Creatore ha immaginato l’uso della parola, della quale siamo depositari, a volte inconsapevoli di quanto questo dono sia un privilegio, che sprechiamo o del quale ci serviamo impropriamente, come quando di uno strumento non si immaginano le potenzialità e le diverse modulazioni.
L’ imbarbarimento dei nostri giorni ci pervade, ci sgomenta e ci fa ragionare sul peccato originale di esso che riconduciamo proprio allo svilimento della parola, divenuta senza che ce ne rendessimo conto, volgare, arma volta ad offendere ed aggredire, in tv, nei social, da certa politica che ha voluto farci credere che la cultura, la gentilezza e il parlare con garbo raffinato, fossero un disvalore.
Roberto Benigni, non finendo mai di stupire, ci ha dimostrato invece che le parole un peso lo hanno, servendosene e maneggiandole soavemente, per tutti noi e per sua moglie, alla quale ha regalato la più bella dichiarazione d’amore, da Dante in poi.
Benigni Dante lo legge, lo apprezza, da lui si lascia ispirare e condurre, e così davanti a tutti dichiara che il “Leone d’oro” alla carriera consegnatogli a Venezia non appartiene a lui, ma sicuramente a lei, Nicoletta Braschi, la donna che lo ha ispirato così tanto da fargli arrivare a computare il tempo attraverso un solo modo: con lei o senza di lei. Così a lui di quel premio spetta poco, “Io mi prendo la coda, le ali sono le sue”, ed è sua anche la testa perché lei lo ha ispirato e condotto a vette altissime e a riconoscimenti internazionali, come il premio Oscar conferitogli nel 1999 per il film “La vita è bella”.
Sua moglie è una Beatrice moderna, è bellezza, è luce, della quale è circonfusa e che investe, illuminandolo e ispirandolo, anche lui.
Nel suo discorso c’è tutto Dante, lo Stilnovismo, l’elevazione del genere femminile a una dimensione celeste, il ritorno al significato primigenio e assoluto del termine donna, dal latino “domina”, signora, e mai femmina, che appartiene solo al genere animale. Benigni davanti ad un pubblico estasiato, dichiara che per lui il vero talento è lei, lei è mistero, fascino e femminilità: “Emani luce, amore a prima vista, anzi eterna svista”.
Non manca nella dedica alla moglie il gusto iperbolico del giullare che lo ha sempre contraddistinto, e così per spiegare il fascino misterioso di essere donna, l’essenza più profonda dell’essere donna, prende a prestito la frase di Groucho Marx: “Gli uomini sono donne che non ce l’hanno fatta’.
Lei lo guarda con sguardo innamorato e angelico, già sa e comprende quello che lui vuole dire, e così, sempre attingendo al pozzo inesauribile di sapienza dantesca, mutua dal Sommo il neologismo “imparadisiare”, l’unico verbo che può spiegare l’ineffabile, di come lui sia pervaso
di beatitudine paradisiaca al cospetto dell’amata.
Lei, la donna, è quella che “imparadisa” la sua mente ed anche noi ci imparadisiamo di fronte ad una bella, magistrale, lezione sull’Amore, sul valore e il rispetto per le donne, sul potere ineludibile e a portata di mano delle belle parole, anche se prese in prestito da altri, Borges, Dante o Groucho Marx: l’importante è padroneggiarle, mettergli le ali e donarle.
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