Le origini dei rapporti culturali italo-ungheresi: da re Santo Stefano agli Angioini
| di Antonella CasaburiL’Ungheria è la terra delle orde barbariche, di re Santo Stefano, dei re magiari e dei principi della Transilvania. L’ungherese, lingua del ceppo ugro-finnico, è diversissima dalle lingue romanze e da quelle germaniche. Eppure, sebbene stupisca, l’intreccio di rapporti tra l’Italia e l’Ungheria, due popoli distanti geograficamente ed etnicamente così diversi, è fitto e storicamente spiegabile. I rapporti culturali italo-ungheresi attraversano dieci secoli di storia. L’influsso italiano nella storia della letteratura magiara è antico e radicato: da Santo Stefano, primo re d’Ungheria, le storie di questi due popoli si intrecciano così strettamente da fare di questo legame un oggetto di studio unico ed affascinante per la comparatistica letteraria.
Chi sono gli ungheresi? Nell’anno 895 gli ungheresi, popolo di guerrieri, si stanziano sulla pianura danubiana. A guidare le orde barbariche c’è Árpád il conquistatore, principe magiaro che fonde le sette schiere dando vita alla dinastia da lui detta árpadiána: uno stato più accentrato di quello feudale, con precisi organismi militari e sociali. Dal Danubio al Tibisco, fino all’antica Pannonia, il dominio degli ungheresi occupa le terre dei latini e dei germani. Si stanziano sotto i Carpazi, ma l’antica ferocia dei magiari non si dirada, e così le scorrerie. Gli storici medievali ce li descrivono cavalcare per intere giornate sanguinari, razziatori terribili e famelici, mentre attaccano finanche il cuore dell’Italia.
Quando volge la fine del primo Millennio avviene la conversione al cristianesimo. È il 1001. Sul trono d’Ungheria sale István (Stefano), della dinastia árpadiána. Passerà alla storia come re Santo Stefano d’Ungheria, che convertì i magiari alla fede cristiana e impose l’uso della lingua latina, che rimarrà per oltre un secolo l’unica lingua scritta, e che per secoli resterà la lingua della cultura.
Chiamati da re Stefano, i benedettini italiani ebbero un ruolo decisivo nella conversione che fu anche culturale del popolo magiaro. Il primo libro sul nuovo Stato Ungherese fu scritto dal benedettino italiano Gerardo: San Gerardo Sagredo, martire che fu maestro di Sant’Emerico, figlio del re Santo Stefano, e che morì presso il Danubio nella rivolta dei pagani, spinto giù dal monte che prese il suo nome, e che tuttora si chiama Monte Gerardo. Nel romanzo storico medievale “Pogányoc (I Pagani), Ferenc Herczeg offre una chiara ricostruzione storica delle ombreggiature e degli ondeggiamenti del difficile passaggio dal paganesimo al cristianesimo, di cui la letteratura magiara è rimasta profondamente intrisa. Per i magiari conoscere la lingua e la cultura di Roma e calarsi nei segni dell’alfabeto latino fu lavoro non semplice poiché i suoni ungheresi erano numericamente più estesi. L’adattamento, non concorde né organico, comportò un inevitabile e lungo processo nel tempo: risalgono solo alla fine del XII secolo le prime documentazioni della cancelleria reale dotate di compiutezza.
Sul trono d’Ungheria saliranno per secoli altri re e regine discendenti del principe Árpád. Molti avranno dei matrimoni con italiani. Alla morte, nel 1301, di Andrea III, ultimo erede di re Santo Stefano e quindi dell’antico ramo árpádiano, gli Angioini di Napoli pretenderanno il trono d’Ungheria a ragione del matrimonio di Carlo d’Angiò II, re della Sicilia, con la figlia di Stefano V d’Ungheria.
Nel 1308, dopo un breve interregno di lotte civili, Carlo Roberto d’Angiò occuperà il trono d’Ungheria. È l’inizio di un nuovo capitolo nella storia dei rapporti italo-ungheresi.
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