I moti rivoluzionari cilentani? Li facciamo a Salerno
| di Giuseppe GalatoSilvano Del Duca, giovanissimo scrittore impegnato politicamente (Consiglio Nazionale del PSI e Membro della Segreteria Nazionale dei Giovani Socialisti) originario di Lentiscosa, presenterà il suo libro, “Il Golfo di Policastro dai moti rivoluzionari del 1848 all’Unità d’Italia”, presso palazzo Genovese.
Per questa occasione vogliamo riproporvi l’intervista fatta a Silvano dal Giornale Del Cilento:
D: Com’è nata l’idea di scrivere “Il Golfo di Policastro dai moti rivoluzionari del 1848 all’Unità d’Italia”?
R: L’idea è stata maturata durante il percorso di studi universitari che ho svolto ed è stata oggetto della mia tesi di Laurea Magistrale in Scienze delle Relazioni Internazionali e Diplomatiche. Questa indagine, condotta attraverso un approfondito scavo archivistico e in collaborazione con la cattedra di Storia Contemporanea dell’Università degli Studi di Salerno, costituisce innanzitutto un’occasione per sottrarre all’oblio del tempo i nomi e le vicende dei numerosi cilentani perseguitati per le loro idee durante l’ultimo periodo borbonico, la cui memoria, senza dubbio, sarà valorizzata dalle comunità del golfo di Policastro particolarmente in occasione dell’attuale ricorrenza. Allo stesso tempo, essa aiuta a riscoprire la contemporaneità del nostro Risorgimento e i caratteri peculiari di molti suoi protagonisti, come la dedizione generosa e disinteressata, il sogno di costruire una società migliore, la capacità di ritrovarsi uniti nelle grandi imprese.
D: Cosa dovremmo imparare da chi, al tempo, partecipò ai moti rivoluzionari di cui narri nel tuo libro?
R: Ciò che mi è rimasto impresso nella memoria mentre consultavo le fonti archivistiche sono i volti di gente semplice: braccianti, falegnami, contadini, barcaioli, uomini umili, donne e bambini che affiancarono il movimento liberare inseguendo il sogno di unire l’Italia. La lotta di popolo, in cui si profusero ideali veri, spirito di sacrificio fino all’ eroismo, per conseguire quell’unità nazionale che per secoli era stato un sogno vanamente inseguito. Questo è l’insegnamento che possiamo cogliere dai movimenti rivoluzionari del Risorgimento soprattutto in un momento storico-politico, come quello attuale, dove le divisioni nel nostro paese e la conseguente deriva secessionista, un sistema politico quotidianamente rissoso che degenera in un perenne conflitto muscolare tra le Istituzioni, rischiano di rendere vani il loro impegno ed i loro sacrifici per fare dell’Italia un paese unito, con un popolo che non fosse più “ un volgo disperso che nome non ha “ di manzoniana memoria. L’Unità Nazionale dovrebbe essere un valore fondante di riferimento sia dal lato storico e culturale che come elemento propulsore per coltivare o risvegliare quei valori civili in cui una Nazione trova la sua ragion d’essere e la forza di progettare il proprio futuro.
D: E’ stato difficile trovare un editore deciso a pubblicarti?
R: Sinceramente non mi è stato difficile. Per questo ringrazio la “Gaia Editrice”, nella persona del Dott. Francesco D’Amato, il quale ha da subito apprezzato il mio lavoro e aderito con entusiasmo al progetto.
D: Oltre che scrittore sei anche impegnato politicamente (Consiglio Nazionale del PSI e Membro della Segreteria Nazionale dei Giovani Socialisti): come nasce la tua passione per la politica?
R: Chi ha passione e sensibilità politica non può stabilire con precisione quando gli nasce: penso sia qualcosa che hai innatamente dentro di te. Gioca molto ovviamente il contesto in cui vivi, il percorso formativo e di studi, la voglia di provare a contribuire a realizzare un progetto di cambiamento per il riscatto e il rilancio del nostro paese. Ho deciso di aderire al PSI nel momento in cui ho capito che i valori fondanti del socialismo rispecchiavano in pieno la mia visione di una società che sia retta da valori di libertà, di uguaglianza, di giustizia, di responsabilità, di solidarietà e di progresso. Penso che il socialismo democratico e liberale è oggi di attualità per saldare le attese delle vecchie e delle nuove generazioni, per dare un contributo a una moderna società della conoscenza, per riaffermare, insieme alla battaglia per nuovi diritti, l’etica dei doveri e della responsabilità. Una speranza per il rinnovamento e la modernizzazione del Paese, contro ogni forma di conservazione politica, economica e culturale. Una forza politica rivolta a valorizzare i meriti e a rispondere ai bisogni individuali e collettivi.
D: Sempre meno giovani si interessano alla politica, vuoi perché disinteressati, vuoi perché delusi: cosa ti sentiresti di dire a questi giovani che vivono la situazione nel più completo lassismo?
R: La politica italiana soffre la grave mancanza di partecipazione giovanile, un dato in grado di determinare – talvolta – i risultati delle varie competizioni elettorali, ultimamente caratterizzate da un astensione che vede i giovani stessi autori di questo non poco trascurabile atto di protesta. Nei mesi passati, si è potuto assistere a una lunga e molto partecipata protesta, i cui protagonisti sono stati gli studenti medi e universitari, i precari, contro i provvedimenti adottati dal governo Berlusconi in materia scolastica e universitaria. Manifestazioni nate dal desiderio comune tra la nuova generazione di dover esprimere, con i mezzi più efficaci, il proprio dissenso. Non comparivano alle spalle di tali azioni di protesta forze politiche. Secondo gli ultimi sondaggi sull’interesse dei giovani alla politica, infatti, si può notare come quest’ultima sia gravemente compromessa dall’assenza di un etica che guida l’agire della classe dirigente. Basti pensare all’ampio spazio dedicato dai quotidiani e dall’informazione alle drammatiche notizie di cronaca giudiziaria, che coinvolgono personaggi con una carica istituzionale, causa di una disillusione per la politica sempre più diffusa tra i cittadini elettori. Episodi capaci di smuovere la coscienza dell’opinione pubblica, divenuta sensibile nei confronti della classe dirigente, sempre più dubbiosa sul suo operato e sulla sua capacità di rappresentanza, in quanto le ultime leggi elettorali affidano ai vertici dei partiti il compito di imporre i propri eletti, esplicito atto legislativo a scopo opportunistico a favore dell’ ormai celebre “casta” politica. Si deducono, perciò, due diverse motivazioni che spingono la nuova generazione a rimanere lontana dalla politica: per la mancanza di un’etica, di valori morali e ideali saldi nell’amministrare quotidiano il bene comune di una nazione e la grave assenza di forze politiche con un programma incentrato sulla realizzazione di un vero disegno di società adeguato ai tempi moderni. Ecco l’importanza di farsi promotori di un’azione che darebbe prestigio, ovvero quella di donare alla Politica una nuova anima. Oggi manca un vero contatto tra cittadini e politica. Di questa mancanza sono vittime i giovani. Con un futuro spesso segnato da incertezza e precarietà, la politica non da risposte concrete da anni alle nuove generazioni. Con il politichese, si è abituata a risolvere i problemi dell’oggi, senza pensare al domani. La politica realizzata dalla classe dirigente degli ultimi quindici anni si dimentica dell’importanza della Persona e a ciò si somma l’incapacità dei partiti ad aprirsi seriamente ai giovani. L’introduzione del voto ai sedicenni è un provvedimento per il quale bisogna battersi e diverrebbe la motivazione per cui le formazioni politiche sarebbero obbligate a mettere i giovani tra i primi posti dei loro programmi e a rivolgergli maggiore attenzione, in quanto elettori attivi e direttamente partecipi alla vita sociale del Paese. E’ necessario divenire portavoci di un nuovo modo di fare politica, consistente nell’essere innovativi nel comunicare, nel rapportarsi con i cittadini, affrontando argomenti di vasto interesse capaci di coinvolgere questi ultimi nella vita di tutti i giorni. Potenziando l’utilizzo del web, come fondamentale strumento per l’attività politica di questi anni, aprendo spazi di incontro virtuale tra i giovani. Solo adottando una metodologia politica al passo con i tempi, aperta a sempre nuove forme di confronto si potrà trovare maggiore adesione tra i giovani, cercando di restituire quello spirito di fare politica attualmente assente e adottando vere problematiche riguardanti la realtà giovanile su cui elaborare proposte e impegnarsi sia a livello nazionale, sia a livello locale. Ecco quello che sento di dire: “Siate i protagonisti del vostro Futuro”.
D: Dopo 150 di Unità d’Italia c’è chi parla di secessionismo e federalismo: nel Cilento stiamo assistendo al progressivo tentativo di scissione della Campania, vuoi con la Grande Lucania, vuoi con il Principato di Salerno. Qual è il tuo pensiero a riguardo e cosa ne penserebbero i protagonisti dei moti cilentani di cui parli nel tuo libro?
R: Credo che i nostri Padri fondatori, quegli eroi risorgimentali ai quali abbiamo dedicato piazze, vie e strade, si stiano rivoltando non da ora nelle loro tombe, nel constatare che effettivamente possa svanire il loro impegno ed i loro sacrifici per fare dell’Italia un paese unito. Mai come oggi, la strofa dell’inno di Mameli, “noi fummo da secoli calpesti e derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi”, è attuale e descrive perfettamente la situazione del nostro Paese. C’è infatti sempre qualcosa che divide, che impedisce, 150 anni dopo le gloriose battaglie per unificare l’Italia, di far emergere un popolo unito e compatto. In questo senso, avere al governo un partito come la Lega Nord non aiuta: che senso ha stare a Roma a governare e contemporaneamente continuare a sputare addosso alla nazione, alla bandiera e al popolo intero? Il ministro Calderoli parla di “follia incostituzionale” a proposito del decreto governativo che sancisce la festività del 17 marzo di quest’anno. A parte che mi fa ridere sentire parlare di rispetto per la Costituzione, dopo le ultime dichiarazioni contro i poteri di garanzia costituzionale di questo paese. Ma comunque sarebbe una follia celebrare una ricorrenza che capita un’unica volta nella storia di un popolo e ricordare chi ha combattuto per unificare quello stesso Stato che loro governano? Fossero coerenti, col governo centrale di Roma Ladrona non dovrebbero avere nulla a che fare. E invece no, loro preferiscono rimanere a Roma a mangiare, ad incollarsi sempre più alle ricche poltrone, continuando a dispensare parole come “secessione”, “federalismo”, per tenere buono il loro elettorato che altrimenti si accorgerebbe di come la Lega, in lustri di governo, non abbia ottenuto il benché minimo risultato. Per non parlare poi dei nostri signorotti del potere salernitano. Questi, presi dalla megalomania derivante dalla gestione del potere, pensano di portare avanti un progetto impensabile, quello del Principato di Salerno che, soprattutto dopo le recenti approvazioni in Parlamento del Federalismo Municipale, pensato dalla Lega per il Nord, metterà definitivamente in ginocchio la nostra Provincia.
D: Hai già qualche altro lavoro in cantiere?
R: Ci sto ragionando ma…teniamolo ancora segreto.
D: Vuoi aggiungere qualcosa?
R: Spero che questo saggio storico possa far comprendere come anche il Golfo di Policastro, e in particolar modo il popolo camerotano, seppur in maniera marginale rispetto al più vasto processo risorgimentale, abbia dato un contributo affinché si potesse realizzare il sogno di unificazione nazionale.
©Riproduzione riservata