Luigi Tenco: “Ciao amore ciao” una canzone di amore e di protesta
| di Giuseppe AmorelliIl 26 gennaio del 1967, Luigi Tenco, sul palcoscenico dell’Ariston, al 17 ° Festival della canzone Italiana inSanremo, si esibiva, insieme a Dalida, interpretando la canzone:”Ciao Amore Ciao”. Qualche ora dopo, ovvero alle ore 2 del 27 gennaio, la stessa Dalida trova il suo corpo esanime in una stanza del Savoy Hotel. Luigi Tenco è stato il primo cantautore , prima che ci fosse il boom del folk e del pop, a scrivere ciò che pensava per far pensare. Artista solitario affidava al singolo e non alle masse di realizzare il proprio riscatto, Era insofferente e avversario tenace del conformismo pseudo rivoluzionario che riempiva le teste e le piazze d’Italia, insofferente a qualsiasi costrizione ideologica, anticonformista riteneva “la musica” il mezzo più valido per esprimere reazioni e sentimenti in modo schietto sincero ed immediato. Per il “Cantautore”, la musica è un mezzo, anzi è il mezzo di cui servirsi per cercare di raggiungere l’obiettivo di risvegliare le coscienze. La sua musica atipica, proposta da Tenco trabocca di significati profondi, che vanno al di là della pura contestazione, facendosi carico di temi sociali e drammi esistenziali.
Perché le sue canzoni, dalla sensibilità profonda, sono impregnate di esistenzialismo.
In realtà Luigi Tenco ,che era convinto che “ Anche una canzone può servire a far riflettere,” voleva presentare a Sanremo un testo che s’intitolava:” E li vidi tornare” ma dovette adattarlo alle esigenze del festival. “E li vidi tornare” era un testo contro la guerra e riprendeva i versi della poesia “ La Spigolatrice di Sapri” di Luigi Mercantini:
“Li vidi passare
vicino al mio campo
ero un ragazzino
stavo lì a giocare
Erano trecento
eran giovani e forti
andavano al fronte
col sole negli occhi
E cantavano cantavano
tutti in coro
ciao amore ciao amore
ciao amore ciao
Ciao amore ciao amore
ciao amore ciao
ciao amore ciao amore
ciao amore ciao
Avrei dato la vita
per essere con loro
dicevano “domani”
“domani torneremo”
Aspettai domani
per giorni e per giorni
col sole nei campi
e poi con la neve
Chiedevo alla gente
quando torneranno
la gente piangeva
senza dirmi niente
E da solo io cantavo
in mezzo ai prati
ciao amore ciao amore
ciao amore ciao
Ma una sera d’un tratto
chiusi gli occhi e capii
e quella notte in sogno
io li vidi tornare
Ciao amore ciao amore
ciao amore ciao
ciao amore ciao amore
ciao amore ciao
ciao amore ciao amore.”
.Il brano, “Ciao amore, ciao'”. Spiega il giornalista Giancarlo Governi, nella prima versione si rivolge ad una donna, la seconda contiene già il tema dell’emigrazione, nella terza cambia addirittura titolo e diventa ‘Li vidi tornare’ e parla di soldati che tornano dalla guerra. Nell’ultima versione “Tenco ha trovato il problema concreto e doloroso della società italiana: l’emigrazione interna che in quegli anni del miracolo economico ha costretto migliaia e migliaia di italiani a lasciare il paese natale per ritrovarsi in città”. Si verificò così, negli anni ’60,un imponente flusso migratorio,portando molti lavoratori dalle aree agricole del Mezzogiorno, verso le regioni e le città industrializzate del Nord, che potevano garantire posti di lavoro.
Il brano mette in luce uno spaccato della società dei primi anni 60 : le difficoltà di accoglienza e adattamento.L’uomo che ” saltava cent’anni in un giorno solo ” ” dai carri dei campi, agli aerei nel cielo “,trovava un modo di vivere, di mentalità diversi e a volte ostili, difficoltà di lingua, di integrazione ,il dolore di lasciare a casa le famiglie; causavano insofferenze e discriminazioni.
La stessa insofferenza descritta da Tenco in ” Ciao Amore,Ciao “,dove sotto la bellezza di una Italia verso il progresso, smascherava una ingiustizia sociale.
Quella di ” Ciao Amore,Ciao ” era un grido di disagio e di inquietudine, l’ultima voce di protesta di un ragazzo che aveva perso illusioni e speranze, le cui parole sono arrivate fino a noi ,sincere, intatte e profetiche.
Così “Ciao amore, ciao” e Luigi Tenco diventa un simbolo, un grande spartiacque nella storia della canzone italiana: quella che viene prima di Tenco e quella che arriva “dopo Tenco”. Lì, dove parte la strada che porterà alla grande canzone d’autore degli anni Settanta di casa nostra.
Ciao amore, ciao di Luigi Tenco.
“La solita strada, bianca come il sale
Il grano da crescere, I campi da arare
Guardare ogni giorno
Se piove o c’è il sole
Per saper se domani
Si vive o si muore
E un bel giorno dire basta e andare via
Ciao amore
Ciao amore, ciao amore ciao
Ciao amore
Ciao amore, ciao amore ciao
Andare via lontano
A cercare un altro mondo
Dire addio al cortile
Andarsene sognando
E poi mille strade grigie come il fumo
In un mondo di luci sentirsi nessuno
Saltare cent’anni in un giorno solo
Dai carri dei campi
Agli aerei nel cielo
E non capirci niente e aver voglia di tornare da te
Ciao amore
Ciao amore, ciao amore ciao
Ciao amore
Ciao amore, ciao amore ciao
Non saper fare niente in un mondo che sa tutto
E non avere un soldo nemmeno per tornare
Ciao amore
Ciao amore, ciao amore ciao
Ciao amore
Ciao amore, ciao amore ciao.”
Ciao Amore Ciao non è un’analisi puramente fine a sé stessa, ma volta a denunciare un’ingiustizia sociale. Il tema sociale della immigrazione e il dramma esistenziale che si fondo nel brano appartengono ad una opera d’arte di assoluto valore.
Il 10 febbraio 1967, sul quotidiano romano Il Tempo, salvatore Quasimodo scriveva:
«Luigi Tenco ha voluto colpire a sangue il sonno mentale dell’italiano medio.»
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