Luigi Tenco e la canzone ‘Cara Maestra’: la visione di un’Italia da cambiare

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Luigi Tenco e la canzone ‘Cara Maestra’: la visione di un’Italia da cambiare

Luigi Tenco, Cantautore,  nasce a Cassine (AL), 21 marzo 1938.Insieme a Gino Paoli. Bruno Lauzi, Umberto Bindi,  Fabrizio De Andrè , Giorgio Calabrese e in seguito a Sergio Endrigo e Piero Ciampi  facevano parte della “La scuola genovese”  che fu un movimento culturale e artistico che nella citta ligure si sviluppò e si radicò a partire dagli anni sessanta ed era legato alla canzone d’autore italiana. L’Italia di quel periodo, aveva bisogno  di rinnovare la propria educazione sentimentale e la canzone non poteva essere pura e semplice affermazione di un sentimento. Tenco fu, insieme ad altri cantautori, colui che portò una ventata di rinnovamento nel chiuso panorama musicale italiano ancora attardato alle rime :”Cuore-Amore”.

Furono proprio i “cantautori” di cui Tenco , è uno dei piuimportanti, a scrivere brani “abitati da tensione ideale, e da retroterra letterari”. Tenco risultò, per quell’epoca, un “solitario” affidava al singolo e non alle masse di realizzare il proprio riscatto. Riteneva  che nei solchi dei dischi, nelle canzoni incise si potevano esprimere reazioni e sentimenti in modo schietto ed immediato. Infatti scriveva quel che pensava per far pensare

.Era insofferente a qualsiasi costruzione ideologica, nonostante parte della critica musicale  lo definì  “anarchico”, fu avversario tenace del conformismo pseudo-rivoluzionario che riempiva le teste e le piazze d’ Italia. Anche se  in Italia la musica non era ancora uno strumento di espressione del senso di inquietudine, di protesta del ribellismo  delle  generazioni giovanili come avvenne negli anni 70, dove lo slancio ideale e quello ribellista  caratterizzarono il fenomeno musicale di quell’epoca dove la “parola” assume un ruolo di rottura  rispetto alla tradizione non solo nell’ambito del costume ed immaginario nazionale, ma anche della canzone.

.Il suo primo 33 giri, intitolato appunto, Luigi Tenco, esce nell’anno 1962, prima che ci fosse il boom mondiale del folk e del pop, di quella musica popolare che andava oltre il conformismo e le mode. Il disco conteneva un brano molto particolare, “Cara Maestra”:

Cara maestra, , un giorno mi insegnavi che a questo mondo noi, noi siamo tutti uguali; ma quando entrava in classe il direttore tu ci facevi alzare tutti in piedi, e quando entrava in classe il bidello ci permettevi di restar seduti. Mio buon curato, dicevi che la chiesa è la casa dei poveri, della povera gente; però ai rivestito la tua chiesa di tende d’oro e marmi colorati: come puo un povero che entra sentirsi come fosse casa sua? Egregio sindaco, m’hanno detto che un giorno gridavi alla gente: Vincere o morire! Ora mi devi dire come mai vinto non hai eppure non sei morto, ma al posto tuo è morta tanta gente che non voleva nè vincere nèmorire…

In questo testo, tutta la ironia di Tenco nel porre in risalto le contraddizioni di quella società borghese italiana con la sua visione classista, la permanente ipocrisia ecclesiastica in uno al gattopardismo ancora presente in politica. Il brano fu ritenuto dalla censura :”Offensivo nei confronti della morale pubblica.” 

Il generale golpista De Lorenzo, schedò negli archivi segreti del Sifar , Luigi Tenco, ritenendolo :”sospetto sovversivo”. Per due anni Tenco fu tenuto lontano dalla Rai.

Il brano rappresenta, nella prima strofa,  una sorta di “lettera d’infanzia” alla maestra che impartiva insegnamenti perbenisti e retorici .Tenco con ironia dolce e amara pone in rilievo come alcune consuetudini socialmente accettate (il direttore autorità superiore e bidello inferiore) siano frutto di un profondo senso di disuguaglianza sociale che, da sempre, pervade le relazioni umane. E proprio nella scuola che dovrebbe essere il “luogo” deputato ad   una  crescita civile e rispettosa  della persona umana e l’uguaglianza di ogni categoria sociale, si è vittima di becere convenzioni sociali che impongono ben altro.

Nella seconda strofa Tenco evidenzia le “incongruenze” del clero. Il curato che dal pulpito predica ipocritamente la povertà come via per raggiungere la salvezza dell’anima e allo stesso tempo  quel “luogo” di preghiera  è ricoperto di  ricchezze. Come possono allora, dice Tenco, i poveri che entrano in chiesa per trovare conforto, sentirsi come se fossero a casa loro.

La terza strofa Tenco la destina ad un fantomatico “egregio sindaco”, contro di esso Tenco è ancora piu aspro. Infatti il suo “agire” anzichè  essere indirizzato per il bene comune,  è il potere di chi si erge sopra le masse, grida ad ideologie sulla patria, l’uguaglianza, i buoni sentimenti. Ma in realtà, di fatto, costui rimane ben chiuso nel suo egoismo.

Tenco si rivolge alla classe politica  in generale servendosi della figura del sindaco, chiedendo come mai una figura che urlava alle ideologie più alte ed alla morte per le stesse, non ha né vinto né è morto: ma al posto suo, che tanto dibatteva, è morta gente comune che non aveva sete né di vittoria né, aveva intenzione di morire.

“Cara maestra” è un brano che denuncia  una società  costruita su ipocrisie, perbenismo, consuetudini e convenzioni, è anche lacondanna dei compromessi, che non vanno  accettati supinamente.ma, e soprattutto, lo sdoganare di ”falsi miti” socialmente propinati che, tuttavia, veicolano messaggi tutt’altro che positivi.

La critica costruttiva ai piu grandi ambiti del sociale, scuola, chiesa politica,  messa in atto da  Luigi Tenco è   ancora attuale. Potremmo definirla, restando nel tema, la “Sua grande Lezione”. E’ come se il tempo ,oltre 60 anni , dalla uscita del brano, non sia mai trascorso. Ancora oggi quelle “aree”, scuola, chiesa, politica che  dovrebbero  essere i pilastri fondamentali di ogni società , perchè diretti a formare l’uomo nel “Bene, e che  quel “Bene” deve professarlo ed elargirlo , risultano latitanti, assenti.

L’ auspicio di Luigi Tenco era che il pubblico lo capisse attraverso le sue canzoni. Emblematico il biglietto che trovarono a Sanremo quel 27 gennaio 1967, anno della sua morte e del suo suicidio:

“Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato cinque anni della mia vita. faccio questo non perchè sono stanco della vita, tutt’altro, ma come atto di protesta contro un pubblico che manda in finale una canzone come “io tu e le rose”. spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. ciao. Luigi.”

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