Luigi Tenco, il cantautore “Letterato”
| di Giuseppe AmorelliLuigi Tenco nasce il 21 marzo del 1938 a Cassine, in provincia di Alessandria. La sua famiglia, nell’anno 1948, si trasferisce a Genova dove Tenco frequenta il Liceo Scientifico fino alla maturità. Fu subito attratto dalla musica jazz e iniziò a suonare il piano, il clarinetto e infine il sassofono nei gruppetti di amici e coetanei. Tra questi vi furono Lauzi, Paoli, De André e i fratelli Reverberi. Essi formarono la “scuola genovese” dei cantautori che nacque dalla esigenza di libertà intellettuale legata a pensieri politici condivisi. Le “influenze“ musicali che formarono la “scuola” provenivano dagli USA con Bob Dylan e dalla Francia con Brassen.
I loro testi musicali rappresentano la voglia di trovare un nuovo modo di esprimere le proprie idee ed emozioni. Bob Dylan sosteneva che la musica muoveva le passioni, la musica era il vento di libertà, la musica per riflettere, la musica per sognare, capire, ricordare. La musica quindi un mezzo per interpretare il senso di inquietudine, di protesta di ribellione che caratterizza quel preciso momento storico italiano, la fine degli anni 60.
Luigi Tenco fu un personaggio “scomodo” nel panorama musicale degli anni “60” per il suo spirito anticonformista, irrequieto e contestatore. E come Bob Dylan, che aveva affermato di ispirarsi ad Omero quando costui sostenne:” Canta o Musa e attraverso di me narra la storia”, cosi Tenco, nei suoi brani musicali, ebbe la genialità di unire due sistemi semantici, il linguaggio musicale e quello poetico e costituire una unità narrativa e metrica inscindibile aggiungendoci la sua interpretazione personale creando cosi una forma d’arte che è la “canzone d’autore”.
Tenco ritiene che nei solchi dei dischi, nelle canzoni incise si possano esprimere reazioni e sentimenti in modo schietto ed immediato. Infatti scriveva quel che pensava per far pensare.
Risultò, per quell’epoca, un “solitario”, affidava al singolo e non alle masse di realizzare il proprio riscatto. Era insofferente a qualsiasi costruzione ideologica, nonostante parte della critica musicale lo definì “anarchico”, fu avversario tenace del conformismo pseudo-rivoluzionario che riempiva le teste e le piazze d’ Italia. Anche se in Italia la musica non era ancora uno strumento di espressione del senso di inquietudine, di protesta del ribellismo delle generazioni giovanili come avvenne negli anni 70, dove lo slancio ideale e quello ribellista caratterizzarono il fenomeno musicale di quell’epoca dove la “parola” assume un ruolo di rottura rispetto alla tradizione non solo nell’ambito del costume ed immaginario nazionale, ma anche della canzone.
L’Italia di quel periodo aveva bisogno di rinnovare la propria educazione sentimentale e la canzone non poteva essere pura e semplice affermazione di un sentimento. Tenco fu, insieme ad altri cantautori, colui che portò una ventata di rinnovamento nel chiuso panorama musicale italiano ancora attardato alle rime “Cuore-Amore”. Furono proprio i “cantautori” di cui Tenco , è uno dei piu importanti, a scrivere brani “abitati da tensione ideale, e da retroterra letterari”.
D’altronde il legame tra poesia e musica risale alle origini della civiltà umana. Infatti i poeti, dai cantori greci ai trovatori provenzali, accompagnavano la lettura dei loro versi col suono di una cetra, di una lira o di un liuto. Nei poemi omerici troviamo la presenza di aedi e rapsodi che presso le corti e nelle piazze dell’antica Grecia, cantando narravano le storie gloriose degli eroi. Il Divin Poeta, Dante Alighieri, nel Canto II del Purgatorio incontra un amico, Casella che, vestì di note i versi delle canzoni del sommo poeta, che si presenta cantando ”Amor che nella mente mi ragiona.”
Fu infatti Cesare Pavese, lo scrittore di riferimento di Luigi Tenco, la sua musa ispiratrice, e soprattutto i suoi libri: La luna e i falò e Ferie d’agosto. Alcuni critici hanno affermato che Tenco “Soffriva dello stesso male di Pavese, cioè l’incapacità ad adeguarsi alla realtà e a ciò che il mondo ti impone”. Nel brano “In qualche parte del mondo” Tenco recita nell’ultima strofa “In qualche parte del mondo non sogno altro che un angolo dove fuggire lontano dalla mia vita di sempre” Anche nell’ultima strofa del brano del 1966 “Un giorno dopo l’altro”, Tenco dice “Un giorno dopo l’altro la vita se ne va, la speranza ormai è una abitudine.”
Il suo ultimo brano, presentato al Sanremo 1967, Ciao Amore Ciao, in coppia con Dalida, non era altro che la versione riveduta, per poterla adeguare al pubblico del festival, di “Li vidi Tornare”. Un testo di carattere politico-sociale, contro la guerra che riprendeva dei versi di una poesia di Luigi Mercantini: “La Spigolatrice di Sapri” ..eran trecento eran giovani e forti e sono morti.”
“Chissa’ se un giorno, guardando negli occhi di chi ti avrà dopo di me cercherai qualcosa che mi appartiene:” Questo sonetto d’amore tratto da: ”Cento sonetti d’amore” di Pablo Neruda , ispirò il brano piu famoso di Luigi Tenco; “Lontano, Lontano”
Lontano Lontano, infatti è l’emblema della descrizione cosmica dell’amore che l’artista riesce ad esprimere in quei struggenti versi. E’ un segno del “cambiamento” dalla produzione canora di allora. Il tormento che rappresenta il ricordo di una amore ormai lontano nel tempo, concepito non più come l’orgoglio ferito, bensì come la consapevolezza della ineluttabilità del tempo che fugge e della impossibilità ad intervenire di noi uomini di fronte al corso degli eventi.
Il suo brano più dolce, tenero, delicato e struggente :”Quando”, contenuto nell’album dell’anno 1962, rimase proprio in quell’anno primo nella classifica dei singoli per undici settimane. “Quando”, risulta un insieme di figure retoriche(malinconia) tipiche dalla tradizione amorosa degli anni 50, appartenenti alla cosiddetta “scuola genovese” insieme ai brani “Il Cielo In Una Stanza” e “Senza Fine” Gino di Paoli.
“Quando
il mio amore tornerà da me
nel cielo
una stella splenderà
s’e’ spenta da quando
il mio sogno e’ svanito
da quando il mio amore
fuggì da me
Quando
il mio amore tornerà da me
nel mare
una perla nascerà
saranno le lacrime
che ha pianto la stella
nel veder solo e triste
il mio cuor
Quando
il mio amore tornerà da me
nell’aria
un violino suonerà
la musica dolce
scenderà nel mio cuore
ed il tempo si fermerà
solo quando
il mio amore tornerà da me”.
Ma Luigi Tenco fu anche e soprattutto il primo cantautore di “protesta”
Il suo primo 33 giri, intitolato appunto, Luigi Tenco, esce nell’anno 1962, prima che ci fosse il boom mondiale del folk e del pop, di quella musica popolare che andava oltre il conformismo e le mode. Il disco conteneva un brano molto particolare, “Cara Maestra”:
“Cara maestra, , un giorno mi insegnavi che a questo mondo noi, noi siamo tutti uguali; ma quando entrava in classe il direttore tu ci facevi alzare tutti in piedi, e quando entrava in classe il bidello ci permettevi di restar seduti. Mio buon curato, dicevi che la chiesa è la casa dei poveri, della povera gente; però ai rivestito la tua chiesa di tende d’oro e marmi colorati: come puo un povero che entra sentirsi come fosse casa sua? Egregio sindaco, m’hanno detto che un giorno gridavi alla gente: Vincere o morire! Ora mi devi dire come mai vinto non hai eppure non sei morto, ma al posto tuo è morta tanta gente che non voleva nè vincere nè morire…”
In questo testo, tutta la sua ironia nel porre in risalto le contraddizioni di quella società borghese italiana con la sua visione classista, la permanente ipocrisia ecclesiastica in uno al gattopardismo ancora presente in politica. Il brano fu ritenuto dalla censura :”Offensivo nei confronti della morale pubblica.” Il generale golpista De Lorenzo, schedò negli archivi segreti del Sifar , Luigi Tenco, ritenendolo :”sospetto sovversivo”. Per due anni Tenco fu tenuto lontano dalla Rai.
Luigi Tenco nell’anno 1964 partecipò ad una trasmissione televisiva della RAI chiamata “La Comare”. Il programma era fondato sul dialogo riguardante i vizi, i difetti e le poche virtù che possiedono gli uomini o che le donne credono di ravvisare in essi. Luigi Tenco impersonava l’uomo introverso,, pieno di problemi irrisolti, intellettualoide , sempre teso ad una continua ricerca, complessivamente un po’ triste.
Dichiarò in quel periodo ad una rivista specializzata “Con le donne ho rapporti piuttosto difficili, nel senso che debbo cambiare spesso ragazza. Un paio di volte mi sono anche innamorato, e per questo è durato di più. Una volta di una donna molto intelligente , che mi ha insegnato parecchie cose. Ma quando ho imparato tutto quello che poteva insegnarmi, è finita. Un’ altra volta era una poco di buono. Mi faceva soffrire e io mi crogiolavo nella sofferenza. Era come una droga, me ne sono liberato”.
Purtroppo il suo amore passionale per Dalida lo costrinse a partecipare a Sanremo con una canzone “adattata” a quel pubblico che la respinse e gli costò la vita.
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