Marsili, il gigante del Mediterraneo tra il Cilento e la Sicilia: «Servono approfondimenti»
| di Luigi MartinoLe ricerche recenti hanno rilevato attività idrotermale e sismica nel Marsili, il più grande vulcano del Mediterraneo, anche se non è ancora possibile determinare con precisione gli effetti che un’eruzione potrebbe avere sulle coste tirreniche e salernitane. Acque calde e gas come l’anidride carbonica emergono dal suo interno e vengono costantemente registrati piccoli terremoti, causati da crepe nel suo strato superficiale.
Studi recenti hanno anche individuato la presenza di due caldere nella parte nord del Marsili, che hanno registrato collassi laterali. Questo fenomeno, conosciuto da tempo, non necessariamente produce tsunami. Secondo l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, frane di piccole dimensioni non sono in grado di generare onde anomale significative, mentre frane di medie dimensioni possono causare maremoti se avvengono in acque poco profonde. I collassi consistenti, invece, hanno il potenziale di creare tsunami significativi. Simulazioni recenti suggeriscono che, in caso di tali collassi, le onde di tsunami potrebbero raggiungere in poche decine di minuti le isole Eolie e le coste tirreniche.
Situato tra il Cilento e il litorale palermitano, il vulcano richiede approfondimenti urgenti perché è “scientificamente importante e socialmente doveroso”, come sottolinea l’Ingv. Recentemente, gli esperti hanno pubblicato le ultime ricerche sul “gigante marino” per chiarire le numerose notizie allarmistiche riguardo un possibile tsunami in caso di eruzione. Sebbene l’Ingv non escluda questo scenario, è importante notare che il complesso vulcanico, lungo circa 70 km e largo 30, mostra attualmente segni di attività.
Per prepararsi a questo scenario, l’Ingv elenca le azioni di ricerca fondamentali per valutare la pericolosità di tali collassi: stimare la stabilità dei versanti del vulcano, valutare la quantità di roccia che potrebbe essere coinvolta nel collasso e capire come si muoverebbe lungo il pendio. Dopo aver raccolto queste informazioni, si deve verificare se il volume di roccia e il suo movimento possono causare uno tsunami. Dal punto di vista della storia eruttiva del Marsili, le due eruzioni più recenti risalgono a 5000 e 3000 anni fa, entrambe con un basso indice di esplosività. Un’eventuale eruzione simile potrebbe essere paragonabile all’esplosione del 15 ottobre 2011 al largo dell’isola di El Hierro nelle Canarie, quando l’unico segnale evidente fu il galleggiamento di materiale vulcanico.
È chiaro che ci sono ancora molti aspetti del Marsili che devono essere approfonditi. L’INGV conferma che la conoscenza attuale è insufficiente rispetto a quanto necessario. Tuttavia, nel record storico e geologico degli tsunami che hanno interessato le coste tirreniche, non ci sono evidenze di onde anomale ricollegabili a collassi laterali del Marsili.
L’Ingv conclude che, sebbene non vi siano certezze, è possibile che in futuro si verifichino tali eventi. Pertanto, è necessario raccogliere più dati sulla stabilità del Marsili, così come sulla sua attività sismica e deformativa. Questa valutazione è essenziale per stimare la pericolosità potenziale da tsunami, essendo scientificamente importante e socialmente doverosa.
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