«Migranti ridotti come schiavi per coltivare la piana del Sele»
| di Luigi MartinoContrastare la tratta di manodopera nei luoghi di lavoro istituendo, tra l’altro, un collocamento pubblico in agricoltura e utilizzando al meglio i fondi europei. Sono alcune delle proposte che la Cgil Salerno, insieme con Flai Cgil, lancia per il contrasto al caporalato e che inserisce in un dossier-denuncia. Quello presentato stamani a Salerno, a distanza di quattro anni dalla prima volta, è un documento che in parte ricalca scenari emersi da una inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Salerno su lavoratori marocchini nella Piana del Sele che ieri ha portato a 27 arresti. «Rispetto ai dati riportati nel 2015, cambia, seppur di poco, solo l’importo della paga corrisposta ai lavoratori nei campi, che aumenta di qualche euro, sfiorando i 25 euro al giorno», spiega il segretario Flai Cgil Salerno, Giovanna Basile. Dalle sette pagine del dossier, emerge come la forza lavoro impiegata in agricoltura nella Piana del Sele sia costituita per l’80% da braccianti di origine straniera. La figura del caporale, negli anni, è andata mutando in quanto, oltre alla intermediazione di manodopera, al sottosalario, al lavoro nero e al controllo dei ritmi di lavoro, gestisce, ora, anche gli ingressi nel Paese, divenendo, così, un punto cardine della tratta di esseri umani.
Si fa, poi, espresso riferimento ai caporali di origine marocchina che «si avvolgono del decreto flussi riservato a lavoratori stagionali» e rappresentano «l’anello di congiunzione tra i migranti che aspirano all’ingresso e le aziende agricole». Per ogni immigrato che arriva in Italia, «il costo della tangente si aggira intorno ai 7-10mila euro». Questo dato trova riscontro nell’impianto accusatorio dei pm salernitani che hanno scoperto come per far sì che gli immigrati riuscissero ad ottenere l’inserimento dei loro nominativi nelle domande Unilav fossero disposti a pagare dai 5 ai 12mila euro ad un’organizzazione criminale transnazionale con base nel Salernitano. Tra le proposte del sindacato, inoltre, anche l’attivazione del collocamento e del trasporto pubblico in agricoltura, in collaborazione con Comuni e aziende agricole, l’istituzione di un comitato provinciale contro il caporalato, «semmai da inserire nei centri per l’impiego». Per il segretario generale della Cgil Salerno, Arturo Sessa, «occorre mettere in campo una sinergia tra istituzioni, imprenditori, associazioni datoriali e organizzazioni sindacali». Inoltre, le sigle sindacali chiedono di avviare una valutazione della possibilità di utilizzare i fondi europei, che ammonterebbero a circa 25 milioni di euro, mettendo in campo progetti condivisi che abbiano l’obiettivo comune di stanare caporali e aziende colluse. Infine, è stata ribadita l’idea di creare «un marchio etico e di qualità per i prodotti agroalimentari della Piana del Sele» coinvolgendo le «aziende sane del settore affinchè si mettano in gioco per ridare legalità al settore».
©Riproduzione riservata