Morì dopo intervento riduzione stomaco: condannati i medici della Cobellis
| di Antonio VuoloA quasi otto anni dalla tragica scomparsa di Michele Alfano, avvenuta nel 2016 presso la clinica “Cobellis” di Vallo della Lucania, è stata emessa la sentenza di primo grado del processo per la sua morte. Alfano, 40enne di Capaccio Paestum, era deceduto in seguito a un intervento di riduzione dello stomaco finalizzato alla perdita di peso.
Il giudice Domenico Valerio Ragucci ha condannato il professor Luigi Cobellis, responsabile della clinica e chirurgo operante, a 1 anno e 8 mesi di reclusione, mentre Rocco Cimino, altro chirurgo coinvolto, ha ricevuto una pena di 1 anno. Entrambi sono stati riconosciuti colpevoli di omicidio colposo in concorso. Sono stati invece assolti gli altri due medici imputati: Giovanni Novi con formula piena e Luigi Angrisani, specialista esterno, con formula dubitativa.
La clinica “Cobellis” e la compagnia assicurativa associata sono state condannate a risarcire i familiari della vittima con un indennizzo provvisorio: 30.000 euro alla vedova, altrettanti ai tre figli, 40.000 euro ai genitori, e 20.000 euro ciascuno a fratello e sorella. Il risarcimento definitivo dei danni morali sarà stabilito in sede civile.
Durante l’udienza finale, il vice procuratore onorario Barbara Visco aveva richiesto pene di 1 anno e 9 mesi per tutti i membri dell’equipe medica, sostenendo che la causa del decesso fosse imputabile a un errore umano e al ritardo nelle cure post-operatorie. I familiari di Alfano, presenti in aula, hanno espresso soddisfazione per la sentenza, dopo anni di sofferenza e battaglie legali. La famiglia era assistita dall’avvocato Pierluigi Spadafora, che ha sottolineato come il processo abbia finalmente fornito chiarezza sulle responsabilità sanitarie legate alla morte di Alfano.
Michele Alfano, affetto da obesità, si era sottoposto a un intervento di chirurgia bariatrica, noto come sleeve gastrectomy, presso la clinica “Cobellis” il 17 novembre 2016. Purtroppo, dopo 14 giorni di agonia, è deceduto a causa di un’infezione letale provocata da una perforazione gastrica non diagnosticata per tempo. L’autopsia, condotta dal medico legale Adamo Maiese su richiesta della Procura, ha confermato che la morte fu causata da una grave infezione seguita da insufficienza multiorgano, complicata da peritonite chimica e polmonite bilaterale.
Nel corso delle indagini, coordinate dal pm Vincenzo Palumbo, altre dieci persone, tra medici e infermieri, erano state inizialmente iscritte nel registro degli indagati, ma successivamente prosciolte da ogni accusa. I legali dei medici condannati hanno ora la possibilità di presentare ricorso in Appello contro la sentenza di primo grado, dopo la pubblicazione delle motivazioni.
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