Morti sul lavoro, l’anno nero della Campania: 52 vittime
| di RedazioneCinquantadue morti sul lavoro in Campania fino al 31 agosto. Tra loro il 77 per cento sono ultracinquantenni, in qualche caso anche 75enni caduti da impalcature edili o sfiancati a schiena china nei campi. La strage silente continua e la Campania stabilisce ancora una volta un record. I dati quest’anno sono in crescita rispetto al 2008 che ha contato 56 vittime. Nella regione al terzo posto nella classifica dei decessi sul lavoro, dopo Lombardia e Veneto, Napoli è maglia nera con 24 casi in soli 8 mesi (più del 2018 quando si contravano 18 vittime). Seguono Avellino (11), Caserta (10), Salerno (5) e Benevento (2) (dati Cgil). Edilizia e agricoltura, i settori più colpiti.
“C’è un aumento esponenziale delle vittime purtroppo – spiega Vincenzo Maio, segretario regionale Fillea-Cgil – dipende dalla volontà politica di nascondere un fenomeno degenerativo della nostra società. Si parla così tanto di immigrati ma c’è la precisa volontà politica di spostare l’attenzione, non c’è una cultura sulla sicurezza, bisognerebbe invece iniziare dalle scuole”. Sono 49 gli italiani che hanno perso la vita mentre lavoravano, due comunitari e un extracomunitario, 47 i maschi e 5 le donne, 46 i morti nelle industrie e 6 quelli in agricoltura. Ci sono 40 ultracinquantenni tra i 52 morti del 2019. “Parliamo di persone che non potrebbero accedere a impalcature – prosegue Maio – nemmeno a lavori duri nei campi eppure lo fanno e si sfiancano fisicamente in un’età che non lo consentirebbe”.
È anche la mancanza di comunicazione, uno dei nodi più difficili da risolvere. “Noi sindacalisti non riusciamo più a raggiungere i luoghi di lavoro come una volta – fa mea culpa Maio – né tantomeno riusciamo a sviluppare politiche sindacali perché i diritti sono diventati un costo. Oggi facciamo fatica a parlare con i lavoratori. Non lo facciamo noi, né la scuola né gli organi ispettivi, questo significa che questo tema esce fuori da qualsiasi contesto. Non lo fa nemmeno il compagno di lavoro che avverte l’altro e lo invita a prestare attenzione. Nessuno si difende, si lavora a testa bassa, inconsapevoli dei propri diritti. Spesso si baratta il lavoro con la paga, la sicurezza e i diritti. “Il fenomeno prende sempre più piede – continua il sindacalista – in Campania sono pochissimi gli ispettori del lavoro. Se volessero controllare tutte le aziende ci sarebbero controlli ogni 22 anni”. Risultato: le imprese spesso sanno che i controlli non ci saranno e lavorano nell’illegalità. “Sanno che sono libere di fare tutto ma la vera lotta andrebbe fatta alle aziende non regolari, quelle che mandano a morire nei cunicoli o sui ponteggi i lavoratori perché sono senza strumenti”.
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