Museo etnografico di Morigerati, rivivono gli antichi mestieri e l’operosità cilentana
| di Marianna ValloneLa fatica e l’impegno, l’operosità e la pazienza. L’antica vita dei contadini, gente di montagna, dei boschi e dei campi, artigiani, fabbri, ciabattini, era scandita dalle stagioni e dal tramonto del sole. E’ stato così per secoli, lavorando la terra con attrezzi che oggi non esistono più. Per non perdere le radici preziose del cuore della società rurale, ben viva fino al Novecento, a Morigerati esiste un luogo che ne coltiva la memoria attraverso gli attrezzi e la ricostruzione di quegli ambienti.
E’ il Museo etnografico della civiltà contadina “Clorinda e Modestina Florenzano”. Non solo storia ma anche bellezza. Guarda il borgo e trova spazio nell’ex convento di Sant’Anna, antico edificio su tre piani abitato dalle suore fino alla metà degli anni ’40. Si trova in via Granatelli in un panorama immerso nel verde ma nel centro abitato. Il museo offre un prezioso viaggio nella memoria tra strumenti di lavoro di altri tempi, oggetti di vita quotidiana di massaie e artigiani.
La storia del museo etnografico trova radici nel passato. Clorinda e Modestina Florenzano negli anni ’60 iniziarono a raccogliere gli oggetti della cultura contadina sul territorio tra Morigerati e le contrade rurali di Casaletto Spartano. Due insegnanti elementari che conoscevano i luoghi e le memorie. Nasce nel 1976 come mostra permanente per diventare di proprietà comunale nel 1994. Un impegno durato anni per evitare la dispersione del patrimonio culturale cilentano. Senza saperlo era stata realizzata una vera e propria collezione etnografica, tra le più ricche e ben tenute del territorio.
L’esposizione è articolata in dodici sezioni su due piani ed è dedicata al ciclo della produzione di ferro, cera, ceramiche, lino e ciò che rappresenta la maggiore fonte di lavoro di pastori e contadini. Utensili di fogge diverse, falci e un antico telaio, memoria di abili mani che mandano la spola e vedono crescere la stoffa sotto le dita. Molti i lavorati all’uncinetto, biancheria ricamata e teli tessuti a telaio tradizionale, abiti per l’uso quotidiano e cerimoniale. Preziosi alcuni scialli in seta ed un abito matrimoniale nei toni del verde e blu-viola.
A Morigerati si coltivava la pianta di lino che era poi lavorata fino a ridurla in fibra tessile. Altri spazi sono riservati alla falegnameria mentre particolarmente interessanti sono gli attrezzi dedicati alla produzione di candele ex voto in cera relative alla Cereria, sorta probabilmente a metà 800 ad opera di un uomo del posto che aveva appreso il mestiere di ceraiuolo soggiornando per tre o quattro anni a Messina e attiva fino agli anni ’40. I manufatti prodotti sono oggetti devozionali: la cera d’api veniva acquistata in occasione della fiera di San Leonzio a Torre Orsaia.
Completa la collezione di paramenti sacri e documenti ecclesiastici, una preziosa raccolta di indumenti liturgici non più in uso dopo il Concilio vaticano II. Numerosi paramenti di colori diversi a seconda del periodo e delle specifiche cerimonie. E’ anche esposto un tappeto funebre, un tempo utilizzato nei funerali per accogliere, in chiesa, la bara del defunto.
Un’altra parte del museo propone un’esposizione fotografica realizzata da Luciano Blasco, che ha diretto il museo dalla nascita e fino allo scorso anno, e dedicata agli abitanti del borgo nelle loro case, nei luoghi di lavoro. Un tuffo nel passato semplice e laborioso del Cilento che rivive anche attraverso i racconti e le storie di Elfriede Caiafa, preziosa custode del museo.
Foto ©Marianna Vallone
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