Museo nella galleria di Velia, dopo il Codacons interviene la senatrice Corrado
| di RedazioneDopo le polemiche sull’intervento di manutenzione straordinaria eseguito sull’antico anfiteatro di Elea – Velia, la senatrice (e archeologa) interviene anche in merito alla questione che riguarda il museo nella galleria borbonica di Velia. La sua lettera arriva a pochi giorni dalla richiesta del Codacons Cilento e del suo presidente Bartolomeo Lanzara, che ha scritto al Ministro dei Beni Culturali e al direttore ad interim del Parco Archeologico di Paestum-Velia sul progetto di 7 milioni di euro da investire in una galleria dismessa delle Ferrovie dello Stato, che si trova nel sito archeologico, per costituire il nucleo del museo di Velia.
«Tornando in treno in Calabria, venerdì, ho letto che il Codacons Cilento ha chiesto al Ministero della Cultura l’accesso agli atti su un progetto da 7.660.000 euro, ammesso a finanziamento con riserva lo scorso gennaio dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti a seguito di una manifestazione d’interesse prevista dal PAC “Infrastrutture e Reti” 2014-2020, Asse C “Accessibilità turistica”, progetto che intenderebbe musealizzare la galleria cosiddetta borbonica di Velia. Il “Comitato Civico l’Essere per Elea-Velia” aveva già tentato interlocuzioni a questo riguardo, nei mesi scorsi, con l’ex direttore del Parco archeologico di Paestum e Velia (PAEVE) ma senza esiti apprezzabili.
Il tunnel in questione, – spiega la senatrice – legato al tracciato ferroviario ottocentesco (ma post-unitario) che lambisce l’antica città magnogreca in agro di Ascea, è stato dismesso per la realizzazione della nuova strada ferrata, che corre parallela alla vecchia, e di una nuova galleria. Lungo ca. 250 metri e costruito con i tipici mattoni rossi cilentani dell’epoca, fu acquistato ed era in uso alla Soprintendenza per ricoverarvi i reperti archeologici provenienti dagli scavi di Elea–Velia e dal territorio afferente. L’accesso è esterno alla recinzione dell’area archeologica ma al momento, per ragioni di sicurezza, possono entrarvi solo gli addetti ai lavori, e non più di 5 per volta, seguendo le rigide prescrizioni dei Vigili del Fuoco. All’interno della galleria “borbonica”, infatti, il tasso di umidità è molto alto, anche a causa della scarsa circolazione dell’aria, resa ancora più difficoltosa dallo sbarramento dei due imbocchi, che rappresentano le uniche aperture».
La senatrice di L’alternativa c’è – Commissione Cultura spiega che «trasformare la galleria “borbonica”, che per età è anch’essa un bene storico, in uno spazio espositivo visitabile, richiederebbe, a prescindere dalla sensatezza o meno dell’idea – il traforo è largo pochi metri, privo di luce naturale e scarso di aria –, interventi molto invasivi sia sul manufatto sia sullo strato di roccia soprastante (spesso oltre 50 metri), con un’alterazione sensibile del contesto, interventi che, oltre a vanificare gli sforzi finanziari già sostenuti per adibirla a deposito, la assoggetterebbe ad una ulteriore forzatura funzionale».
Corrado aggiunge che «si vocifera con insistenza, inoltre, che per servirla e raccordarla all’acropoli il progetto preveda la costruzione di un ascensore, iniziativa impensabile solo qualche anno fa ma oggi sdoganata automaticamente, è il caso di dirlo, da quel diritto alla piena accessibilità che gode di risorse ingenti ma dovrebbe trovare il suo limite nel buon senso e nell’interesse superiore di salvaguardare l’integrità del paesaggio cilentano, specialmente all’interno di un Parco naturale e sito Unesco. La ‘mitologia’ locale, però, sembra avere già avuto il sopravvento: imminenti lavori di scavo, per un importo di 300.000 euro, si concentreranno proprio sul declivio tra l’imbocco del tunnel e la sommità dell’acropoli, aggiudicati a Co.Re., che però non è figlia di Demetra ma di Re.Co. (geniale, eh?!), proprietà della ormai famosa Restauri e Costruzioni S.r.l. di Eboli, ben nota a chi abbia seguito le polemiche sul restauro del teatro eleate: lo scettro è passato ad Infante II ma la dinastia è la stessa e analoga la genesi della società».
Infine dice che: «Il dubbio che quelli in programma siano sondaggi preventivi alla realizzazione dell’ascensore e annessi è legittimo e le associazioni locali di cittadinanza attiva fanno benissimo a mettersi in allerta preventiva appena all’orizzonte si profila un nuovo pericolo per il PAEVE, poiché se l’aspirazione a dotarsi di un museo nazionale è legittima e condivisibile, né il denaro pubblico può essere sprecato, certe recenti esperienze infelici a Velia come a Paestum confermano che sempre prevenire è meglio che curare».
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