Nicola di Novella, il farmacista che racconta il Cilento attraverso la natura
| di Marianna ValloneFarmacista naturalista e studioso, geobotanico, un istituzione nel Vallo di Diano. Se si parla di Nicola di Novella non si può non parlare della Valle delle Orchidee di Sassano, del Museo delle Erbe di Teggiano. Ricercatore e appassionato conoscitore del territorio del territorio a sud di Salerno a cui ha dedicato professionalità, idee e progettualità. Ha parlato di recupero delle coltivazioni antiche quando l’attenzione di oggi per il tema era lontana decenni. Ha all’attivo decine di pubblicazioni, molte dedicate ai fiori spontanei e alle orchidee che popolano la collina di Sassano e gli antichi fruttiferi del Valdiano. Classe 1944, dalla laurea in Farmacia alle continue ricerche sulla natura il passo è breve.
Farmacista e appassionato di natura…
Ero già un appassionato di natura, poi gli studi in Farmacia hanno richiamato un po’ a ciò che è il farmacista, un preparatore di farmaci che parte della natura. L’antico speziale che comincia a conoscere le piante che avevo intorno e iniziai a preparare con quello che la natura mi dava. Poi per dare valore a tutta questa ricerca iniziata all’Università, anche nell’Orto botanico di Napoli, cercavo di vedere nel mio territorio se c’erano tutte quelle piante di cui si parlava. Scoprii che intorno a me c’era una ricchezza che nessuno mai aveva studiato.
Ad un certo punto le sue ricerche sono diventate qualcosa di più e si sono spostate verso le orchidee selvatiche.
Negli anni ’80 sono nati in Europa dei movimenti che iniziavano ad interessarsi alle orchidee spontanee, con due studiosi dell’Orto Botanico abbiamo iniziato a studiarle, partendo da quelle del Vallo di Diano, nella comunità montana del Vallo di Diano e poi in tutti i territori del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Abbiamo iniziato a realizzare delle pubblicazioni scientifiche sulla presenza delle orchidee. Ci fu l’istituzione del Parco, poi l’attenzione dell’Unesco. Con il professore Pasquale Persico creammo la Valle delle orchidee, nata da questi studi. Era anche una metafora per far capire che la natura, studiata e approfondita, può diventare motivo di sviluppo per il territorio.
Ci racconti l’esordio della Valle delle Orchidee, oggi così famosa.
La prima valle delle orchidee l’abbiamo fatta tra i comuni di Sassano, dove avevo creato il museo delle antiche coltivazioni, Monte San Giacomo e Teggiano, dove invece avevo messo il Museo delle erbe. Bisognava raccontare ciò che abbiamo, la flora di un territorio ha bisogno di attenzione.
Quante erbe raccoglie il Museo?
Nella flora italiana, le piante classificate sono 7400 circa, nel nostro Parco, che è in una parte della provincia di Salerno, ne sono state classificate 2031, più di un quarto di tutte quelle italiane. Sono tante e variegate, partono dal livello del mare e arrivano in montagna, alla vetta del Monte Cervati.
Qual è la particolarità, da questo punto di vista, del Monte Cervati?
Insieme al Pollino ha una particolarità, ha la flora al di fuori della faggeta, cioè che supera la faggeta. Ha 44 endemismi che esistono solo in quei luoghi, una grande ricchezza di piante che cresce solo sul Cervati. Ad esempio il Cynoglossum magellense c’è solo sul Cervati, la stessa cosa accade per il Berberis aetnensis, per trovare un’altra stazione bisogna andare in Sicilia. Comunicare la flora significa anche comunicare queste rarità, che dovrebbero conoscere tutti, a partire dalle scuole.
Un altro endemismo del Parco nazionale del Cilento qual è?
La Primula Palinuri, simbolo del Parco. E’ un endemismo che abbiamo solo in questo territorio e cresce spontaneo solo in una determinata zona di Palinuro, sulla costa. Ce ne sono anche a Maratea, prima ancora anche verso Scalea, ora non più.
Altre particolarità?
A Sassano c’è un grande popolamento di betulla, albero originario del nord Europa che ha trovato luogo ideale per poter restare. La natura è una ricchezza incredibile per un luogo.
Chi sono i Coltivatori custodi?
Quando mi sono reso conto, attraverso alcune escursioni, che c’erano delle antiche piante coltivate a rischio estinzione nel nostro Parco, mi sono messo alla ricerca, incontrando quei coltivatori che continuavano a coltivare, a fare il semenzaio. E’ una ricchezza incredibile, varietà del nostro territorio che vanno conservate. E’ da salvare il coltivatore, più del seme.
Oggi però tutti parlano di semi antichi…
Sono per lo più importati, tranne dove si sono mantenuti, per esempio a Caselle in Pittari, dove è stata realizzata la biblioteca dei grani ed è stato fatto un lavoro di recupero.
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