Omicidio Vassallo, 80 mila pagine per capire chi e perché ha organizzato l’assassinio

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Omicidio Vassallo, 80 mila pagine per capire chi e perché ha organizzato l’assassinio

A 14 anni dall’assassinio di Angelo Vassallo, il “sindaco pescatore” di Pollica, l’indagine sulla sua morte continua a sollevare interrogativi, svelando scenari inquietanti e intrecci complessi. Un’indagine lunga e travagliata, che ora approda al Tribunale del Riesame di Salerno, dove si decideranno le sorti degli arrestati: il colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, il brigadiere Lazzaro Cioffi, l’imprenditore Giuseppe Cipriano e il pregiudicato Romolo Ridosso.

I FATTI

La sera del 5 settembre 2010, Angelo Vassallo venne ucciso in un agguato tra le 21:10 e le 21:30, su una strada isolata di campagna ad Acciaroli. Nove colpi sparati con precisione da professionista. Gli investigatori ritengono che il sindaco conoscesse il suo assassino: la sua auto era accostata sul ciglio della strada con il finestrino abbassato, segno di un’interazione apparentemente pacifica che si trasformò in tragedia.

LE ACCUSE

Secondo l’ordinanza del gip Piero Indirli Ferraioli, il delitto sarebbe stato pianificato per mettere a tacere Vassallo, intenzionato a denunciare il traffico di droga ad Acciaroli. I quattro arrestati avrebbero avuto un ruolo nella pianificazione dell’omicidio, sebbene il killer che materialmente ha sparato rimanga ignoto.

Agli atti, le dichiarazioni di testimoni controversi. Romolo Ridosso, noto per la sua memoria vacillante, ha raccontato di una pianificazione durata settimane, mirata a uccidere il sindaco in una zona priva di telecamere. A corroborare le accuse, anche le dichiarazioni della compagna di Ridosso e quelle di un ex detenuto che condivise la cella con lui. Inoltre, un nipote di Vassallo avrebbe riconosciuto il brigadiere Lazzaro Cioffi nei pressi della casa del sindaco pochi giorni prima del delitto.

IL RUOLO DEL COLONNELLO CAGNAZZO

Fabio Cagnazzo, già recordman di arresti in operazioni antidroga, è al centro di accuse pesanti. Gli inquirenti lo ritengono responsabile di depistaggi, come nel caso delle telecamere di un negozio di Acciaroli: avrebbe prelevato i filmati senza autorizzazione, alterandoli per orientare le indagini verso un cittadino italo-brasiliano poi scagionato. L’ex pm Rosa Volpe, oggi procuratore generale a Salerno, ha smentito categoricamente di aver autorizzato l’operazione.

Ulteriori sospetti emergono sul comportamento di Cagnazzo sulla scena del crimine. Alcuni testimoni affermano che avrebbe inquinato le prove fumando e gettando mozziconi sul luogo del delitto. Inoltre, il colonnello è stato indicato come bisognoso di denaro, un dettaglio che lo collega a contatti con ambienti malavitosi attraverso il brigadiere Cioffi.

LE PROVE E LE OMBRE

Malgrado gli ottantamila atti raccolti dai Ros in questi anni, l’inchiesta è ancora lontana dall’offrire certezze assolute. Le testimonianze, in molti casi frammentarie o di dubbia affidabilità, pongono interrogativi sulla solidità dell’impianto accusatorio. Inoltre, restano oscuri i moventi di alcuni comportamenti sospetti degli indagati e le loro esatte responsabilità.

L’ATTESA DELLA VERITÀ

Lunedì prossimo il tribunale del Riesame inizierà a valutare le prove e le testimonianze. Nel frattempo, la comunità del Cilento attende giustizia per una figura simbolo, un uomo che aveva fatto della difesa del territorio e della legalità la sua missione. Il caso di Angelo Vassallo, tra depistaggi e accuse, resta un rebus intricato che continua a chiedere risposte.

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