Omicidio Vassallo, Cagnazzo e i suoi numerosi «non ricordo»

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Omicidio Vassallo, Cagnazzo e i suoi numerosi «non ricordo»

L’interrogatorio di Fabio Cagnazzo, tenuto lo scorso 15 gennaio, si distingue per una serie di vaghe dichiarazioni e numerosi «non ricordo». L’ufficiale dei carabinieri, arrestato per il presunto omicidio del sindaco di Pollica Angelo Vassallo, ha cercato di difendersi dichiarando di poter aver fornito ricostruzioni inesatte, soprattutto riguardo agli orari. Tuttavia, un dettaglio emerge con chiarezza: Cagnazzo afferma di aver acquisito le immagini di un impianto di videosorveglianza di un negozio ad Acciaroli, elemento che, secondo l’accusa, sarebbe stato usato per deviare le indagini su un giovane pusher locale, Bruno Humberto Damiani, noto come il “brasiliano”.

Il presunto depistaggio

Secondo l’impianto accusatorio, il video sarebbe stato manipolato per incolpare il piccolo spacciatore, allontanando così i sospetti dai veri responsabili dell’omicidio. La tesi di Cagnazzo, però, si scontra con le dichiarazioni di Rosa Volpe, oggi procuratore generale di Salerno, e del procuratore capo dell’epoca, Franco Roberti. Entrambi smentiscono categoricamente di essere stati informati preventivamente dell’acquisizione delle immagini, contrariamente a quanto affermato da Cagnazzo.

In un messaggio del 2018 a un collega, Cagnazzo aveva scritto: «La dottoressa Volpe si dimentica che avvisai lei per prima quando presi il video dopo i funerali del sindaco al fine di preservarne le immagini». Ma Volpe, sentita nel marzo scorso, ha escluso questa versione, spiegando che venne a conoscenza dell’acquisizione solo una settimana dopo l’omicidio.

Le accuse e le incongruenze

L’inchiesta si basa su un’analisi minuziosa degli atti, tra cui 434 pagine di richiesta di misura cautelare firmata dai magistrati della Procura di Salerno. Il documento evidenzia come l’azione di Cagnazzo sia stata «impropria» e priva di autorizzazione da parte degli organi inquirenti nel 2010. Questo, secondo l’accusa, confermerebbe il tentativo di depistare le indagini per favorire terzi, un comportamento apparentemente incredibile ma che ha aperto la strada a nuove piste investigative.

Anche Franco Roberti, pur meno dettagliato, ha confermato che il sequestro ufficiale del 20 settembre 2010 aveva lo scopo di formalizzare l’acquisizione delle immagini, senza che inizialmente vi fosse un’intenzione di sanzionare il comportamento di Cagnazzo, considerato all’epoca un ufficiale fidato.

Lo sviluppo dell’inchiesta

Fabio Cagnazzo è stato iscritto nel registro degli indagati nel 2013, a seguito di un’annotazione del comandante della stazione di Pollica basata su fonti confidenziali. Insieme a lui, sono stati arrestati altri tre indagati: l’ex boss Ridosso, il manager Cipriano e il carabiniere Cioffi. Tutti puntano ora a dimostrare la propria innocenza dinanzi al Tribunale del Riesame.

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