Cilento vittima di mafia
| di Maurizio TroccoliAbbiamo smesso di considerarci isola felice. La camorra ha probabilmente deciso di attaccare lo stato e l’ha fatto nel Cilento. Non un cittadino qualunque ma un sindaco. Non un sindaco qualunque ma il sindaco Vassalo, in prima linea contro la mafia. Il sindaco che sa dire no. La frontiera a nord del Cilento, che lottava e della cui opera se ne avvantaggiava l’intero territorio a sud di questa coraggiosa avanguardia. Una barricata eretta a fortino del Cilento quella sua terra alla quale ha anche dedicato il nome della sua ultima lista elettorale. Quella terra che desiderava proteggere e per la quale ha saputo dire no quando la camorra ha provato ad insinuarsi con gli sciacallaggi edilizi e le devastazioni residenziali di cui il Cilento è bersaglio, ormai da anni. Sono trascorsi 30 anni dall’ultimo omicidio ad un sindaco in provincia di Salerno. Prima di Vassallo ha pagato con la vita Marcello Torre, di Pagani. Oggi il Cilento ha perduto uno dei pochi suoi generali. Uno tra i pochi che aveva intuito quanto il Cilento fosse esposto ai tentacoli di una malavita più strisciante, più invisibile, più insinuosa e pertanto più pericolosa che in passato. Ma sono vicino casa di ogni cilentano i segni evidenti di una presenza prepotente, nelle abitazioni estive sulle rive del mare, nelle colline conquistate, negli arricchimenti improvvisi di amministratori locali che dicono sì alle richieste di collaborazione da parte di non meglio identificati inviati della malavita organizzata. E’ sull’uscio delle nostre case che un tempo vedevano appese le chiavi alla porta, il segno distinguibile di una presenza malavitosa che penetra, irrompe, devasta, sfrutta, distrugge, corrompe ed ora uccide. Il Cilento oggi non soltanto deve fare i conti con una realtà che non ha voluto fin qui vedere, con uno spettro che ha voluto negare come ad esorcizzarne il terrore, ma deve iniziare a guardarsi dentro casa, dentro ogni piccola amministrazione, per comprendere quanto terreno è stato già ceduto al nemico del territorio, dello stato, della libertà e della natura, per comprendere quanto ancora è possibile compiere sul fronte di una resistenza che si fa più debole, oggi che il Cilento ha perduto un generale, mentre i sicari si rafforzano eliminando, trucidando una sentinella affidabile. La politica nazionale chiede che sia fatta verità sulla vicenda con una interrogazione parlamentare, al governo. La magistratura urla: agguato di mafia. Le istituzioni piangono un collega valido ed insostituibile. I familiari ed i cittadini cominciano a comprendere di essere anch’essi vittime di un agguato che ha scosso le proprie esistenze, la propria sicurezza, che ha violato la propria intimità e devastato la propria sensazione di sicurezza. Una cappa di stordimento campeggia su questa terra cilentana che non immaginava di cedere un pezzo importante di civiltà conquistata e non immaginava di vedersi catapultata sotto i riflettori della cronaca nazionale per un agguato di questa natura. E’ l’ora probabilmente di sfoderare le armi di una libertà civica più annunciata che costruita, se non da pochi uomini come Vassallo, per affondarle nel profondo ventre robusto di una mentalità malavitosa che probabilmente in queste ore immagina di avere aperto un varco a nord del Cilento dal quale è possibile penetrare per continuare nell’opera silenziosa di una trasformazione sociale, economica e culturale, dagli esiti tragicamente imprevedibili.
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