Palazzo Crocco, un gioiello incastonato tra il Bulgheria e il mar Tirreno

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Palazzo Crocco, un gioiello incastonato tra il Bulgheria e il mar Tirreno

Le sorelle Crocco, Elena e Pina

Per raggiungere largo Crocco, a Licusati, dove sorge l’omonimo palazzo, non occorrono guide virtuali o pezzi di carta con disegni specifici. E’ sufficiente far scorrere il vetro della propria auto e rivolgersi ad uno di quei pastori che incontri lungo la strada. Lì, dove gli ulivi accarezzano le pecore e il sole dona vita alla macchia Mediterranea, lo stradone inerpicato e tra i più panoramici del Cilento, collega il paese dell’Annunziata alla valle del Mingardo. Strada provinciale 66, meglio nota come Ciglioto, lo scopro dopo aver visionato il navigatore. E’ la prova del nove.

Mi fermo dinanzi alle Poste. Poggiate sul tavolino del bar, quattro birre e un mazzo di carte. Le cicche spente non si contano più. Un vecchietto mi indica la prima traversa a sinistra. Abbandono l’auto e afferro l’attrezzatura. C’è una nuova storia da raccontare. Mentre percorro una stradina lastricata molto stretta, il vento muove il bucato e i colombi si parlano cambiandosi di posto. Nel cuore del Cilento incontri baluardi architettonici ricchi di storia, cultura, arte e magia. E sono lì, a dimostrazione che lungo questo lembo di Sud, non esiste solo il mare. Anzi.

Palazzo Crocco ha dopo poco compiuto 500 anni. Quando varchi il maestoso portone in legno con arredi in ferro battuto, t’immergi in una esperienza che, solo in quel momento, capisci debba essere vissuta senza altri intoppi. Allora spegni lo smartphone e lo riponi nella tasca destra del tuo jeans. Poco dopo stringi la mano ad Elena e Pina Crocco, le proprietarie di questa gemma incastonata tra il monte Bulgheria e il mar Tirreno meridionale. Due donne che hanno mille storie da raccontare. Due esempi di come, con la gentilezza e il senso del bello, si può conservare un tesoro simile e metterlo a disposizione dei turisti e della collettività.

Elena mi bacia su entrambe le guance, mentre Pina non fa nemmeno a tempo ad incontrarmi che già scappa in cucina per preparare un caffè fatto col cuore, prima che con le mani. Secoli di storia mi fissano. C’è una leggenda in ogni angolo. Le stanze sono troppe. Faccio fatica a contarle. Il percorso che collega il terrazzo al soggiorno e poi conduce fin sopra la soffitta, è un piacevole labirinto. Sembra di essere in un museo.

L’abitato di Licusati abbraccia il palazzo che si mimetizza con il contesto urbano. Qui ancora si lavora la terra con gli attrezzi dei nonni. Qui ancora si fa l’olio nei frantoi secolari. Il silenzio è un piacevole contorno. L’odore degli ulivi inebria l’animo. Le tegole, molto vecchie, disegnano un saliscendi e scelgono le nuvole come cornice. Sembra poco. Le sorelle Crocco, custodi di questo patrimonio, hanno trascorso gran parte della loro vita nella città di Partenope. Sono tornate a Licusati, alla fine degli anni Novanta, per realizzare il sogno del padre. Quell’uomo intelligente e lungimirante che a 20 anni, dopo la guerra, dovette vendere un fondo per farsi amputare una gamba in una clinica famosa di Napoli. Portava la protesi con disinvoltura e, le figlie, ancora non si spiegano come sia stato in grado di portare tutte queste opere d’arte, alcune anche abbastanza ingombranti, fin dentro quelle stradine di Licusati. Erano gli anni in cui l’Uruguay ospitava la prima edizione della coppa del mondo di calcio, della scoperta di Plutone e dell’elezione di Hitler a Cancelliere tedesco. Delle auto, qui, quasi cent’anni fa, nemmeno l’ombra. «E’ uno dei rimpianti della mia vita – afferma donna Elena mentre fissa un’enorme libreria in legno traboccante di testi d’ogni tipo – non ho mai chiesto a mio padre come, in quell’epoca, fosse riuscito a portare tutta questa roba da Napoli a qui».

E ora quella «roba» vale molto. Tanto da attirare la curiosità di giornalisti da mezza Italia. E quel palazzo è un incanto in mezzo a tanta indifferenza. «Gli enti dovrebbero essere presenti, Licusati è un gioiello che va valorizzato e promosso – intendono far sapere le sorelle Crocco – noi apriamo le porte a chiunque, qui arrivano turisti da mezzo mondo». Qualche anno fa il telefono di donna Elena squillò di buon’ora. Dall’altro capo la nipote: «Zia ho avuto un’idea». Nasce così il B&B all’interno del palazzo. Che più che una affittacamere, è divenuto ben presto un’esperienza. Tra le più belle da vivere ai piedi del Bulgheria.

«I visitatori che decidono di soggiornare all’interno del nostro palazzo, vogliono tutti sistemarsi in mansarda. Vanno pazzi per quello spazio». E dalla mansarda puoi scoprire i tetti di Licusati che si sfiorano senza toccarsi. All’alba la nebbia lascia passare solo il campanile della chiesa. E’ lui che con i suoi sei rintocchi, ben scanditi, segna l’inizio di un nuovo giorno. Queste mura sono testimoni di facce importanti, come lo scienziato e pioniere dell’aeronautica Gaetano Arturo Crocco, il magistrato e letterato Antonio Crocco e Augusto Crocco, giornalista e scrittore che scoprì le lettere del Principe San Severo che illustravano scoperte di chimica. Non proprio niente. A Palazzo Crocco si respira ancora un’aria di magia condita da tradizioni che si rincorrono. E se ciò è così, bello e intatto, lo si deve tutto a queste due donne qui che hanno la fortuna di stringere a se’, ogni notte, un patrimonio architettonico bagnato dalla magia e abbracciato da questi vicoli che non smettono mai di raccontare cose nuove. Palazzo Crocco merita di essere valorizzato ancora di più, merita l’attenzione delle istituzioni e della Soprintendenza, merita riconoscimenti e un vincolo ministeriale per la tutela e la conservazione. Intanto si gode l’amore dei turisti e la meticolosità di due donne dal cuore grande. Elena e Pina.

Informazioni e contatti per visitare il Palazzo: http://www.palazzocrocco.it

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Foto ©Luigi Martino

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