Osservazioni sul dialetto locale
| di Giuseppe ConteGenerico ed estremamente sintetizzante è definire l’idioma del dialetto locale “Cilentano”. Sotto tale voce si cela in realtà, un più complesso sistema linguistico, un insieme di “micro-dialetti”, i quali agiscono in uno spazio ristretto e a loro volta si mescolano con quelli circostanti fino a fondersi e confondersi, rendendo impossibile anche una delimitazione territoriale. E in effetti un primo problema nello studio del dialetto cilentano è dato proprio dall’impossibilità di stabilire gli esatti confini in cui esso agisce.
Sotto l’aspetto geografico è oggi noto come Cilento tutta la parte sud della provincia di Salerno, ma storicamente parlando esso non corrisponde affatto a questa delimitazione, ma al di là di questo, il nostro idioma è decisamente variegato e costellato da varianti e differenze, che spesso si riscontrano anche fra paesi posti a poca distanza l’uno dall’altro.
Questa ampia premessa è necessaria per capire come mai questo sistema linguistico non è univoco e non corrisponde ad una “grammatica fissa” rispondente a rigide regole linguistiche.
Ciò premesso si dovrebbe parlare non di dialetto cilentano ma di “sistema linguistico cilentano”. Anzitutto bisogna dire che un’analisi linguistica sul campo, ad oggi non risulterebbe totalmente attendibile, questo perché l’avvento dei tempi moderni e il fenomeno dell’italianizzazione hanno fortemente inciso sulla struttura originale di questa parlata, come del resto accade anche altrove. Una analisi più veritiera ed attendibile si sarebbe potuta fare nei tempi passati, senza indietreggiare di molto, basterebbe spostarsi nella prima metà del secolo scorso (a cavallo fra i primi anni del ‘900 e la sua metà). In tale contesto, questa terra è ancora caratterizzata da ritmi di vita tradizionali e per certi versi arcaici; ciò era dovuto soprattutto alle condizioni di isolamento che caratterizzavano special modo le zone più interne. E proprio questi elementi, affiancati dalle scarse vie di comunicazione, che rendevano difficili i rapporti fra più comunità, ha fatto si che in ogni paese si affermasse una gamma di lessemi che in buona parte non corrispondono a quelli dei paesi vicini.
Oggi gran parte della terminologia più pura è caduta in disuso sostituendo diverse parole con altre “più moderne” o semplicemente sostituendole con l’italiano.
Affrontare uno studio sistematico e accettabile sul “dialetto cilentano” allo stato attuale è quasi impossibile visti i motivi or ora delineati: la molteplicità di parlate e la perdita di buona parte dei vocaboli più remoti, dovuti ad elementi di forza maggiore come abbiamo visto.
Bisognerebbe anzitutto partire con uno studio incisivo, affrontando ogni aspetto in tutte le sue varianti, cercando di porre una base comune da cui partire.
Delimitare i confini di diffusione è cosa ardua, ma possiamo comunque iniziare tracciando delle linee immaginarie, almeno sommariamente fra le diverse tipologie di parlate, ognuna regnante in uno spazio più ristretto, che a sua volta è accluso nel territorio Cilentano. Ad esempio una prima distinzione spazio-temporale, potrebbe essere fatta fra Cilento costiero e il Cilento interno. A sua volta poi, nel Cilento costiero possiamo ascrivere almeno due zone: la parte nord e quella sud. E ancora all’interno di queste divisioni potremmo suddividere l’area di interesse in altre micro-zone. Ciò porterebbe indubbiamente ad una eccessiva frammentazione del territorio ma permetterebbe un’analisi attenda e accettabile.
Nella parte costiera, nei vari centri marinari si è sviluppato un dialetto fortemente influenzato, soprattutto negli ultimi decenni, dall’influsso del turismo, il quale ha fatto si, che la costante e sempre più cospicua frequentazione da parte di turisti provenienti da ogni parte, va man mano lasciando la scia della sua presenza nel territorio anche a livello linguistico. Primo fra tutti è l’influenza del “dialetto napoletano”, il quale ha inciso notevolmente per una serie di motivi. La vicinanza geografica è l’elemento per cui vi è un forte richiamo da parte delle stupende località cilentane. Gli scambi culturali e commerciali che si sono avuti nel corso del tempo hanno lasciato la loro impronta nelle parlate locali, tanto che alcuni termini tipici del napoletano hanno trasformato e a volte completamente sostituito, alcuni del dialetto cilentano (almeno quello costiero).
Lasciando la parte nord e quella centrale della zona costiera, quindi, a partire dalla zona di Ascea, lo scenario linguistico cambia completamente. In questa zona il dialetto locale ha subito influenze diverse e le parlate locali si accostano decisamente a quelle dell’estremo sud Italia, mostrando somiglianze accentuate anche col dialetto siciliano.
Limitandoci a questo, ma ovviamente il dibattito potrebbe dipanarsi ancora per molto, essendo impossibile in queste poche righe affrontare una trattazione completa, passiamo all’analisi della zona interna.
Lo scenario ha qui un cambiamento radicale. A differenza della fascia costiera, la zona montuosa è stata ancor più, nei secoli scorsi, caratterizzata da un motivato isolamento – sia per l’economia con le sue conseguenze (pochi scambi commerciali), sia per la difficoltà di comunicazione viaria e sia per una chiusura culturale che ne è scaturita proprio per questo – che ha originato praticamente una parlata diverse tra i vari paesi.
Ma se si esamina la situazione più da vicino, ci si rende conto che in realtà, le differenze per alcuni aspetti sono meno marcate rispetto a quelle che si possono riscontrare fra i centri costieri. È pur vero che la terminologia è spesso diversa fra centri posti a poca distanza l’uno dall’altro, ma è anche vero che questa stessa terminologia presenta una base comune, e le differenze sono spesso dovute ad adattamenti che hanno creato sfumature in alcuni casi non molto rilevanti.
Tuttavia, fra costa ed entroterra esiste un legame geografico ma non storico, ed anche se su entrambi i fronti si sono avute mutazioni e si sono affermate parlate differenti, ciò è dovuto a ragioni comuni: l’influenza delle grandi civiltà marittime per la costa e le genti italiche per l’interno.
Altro fattore d’influenza antropologica, è sicuramente additabile all’avvento del monachesimo e proprio il mondo della cristianità ha giocato un ruolo importante nell’introdurre e modificare le parlate locali…
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