Perché la Consulta ha detto no al terzo mandato di De Luca in Campania

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Perché la Consulta ha detto no al terzo mandato di De Luca in Campania

La Corte costituzionale ha bocciato la legge approvata dalla Regione Campania nel 2024, che avrebbe consentito a Vincenzo De Luca di ricandidarsi per un terzo mandato consecutivo alla guida della Regione. La decisione segna un punto fermo: il divieto del terzo mandato vale per tutte le Regioni ordinarie che hanno adottato l’elezione diretta del presidente. E rappresenta un messaggio chiaro anche per altre realtà, come il Veneto di Luca Zaia, e per l’intero quadro politico nazionale.

Il ricorso e le motivazioni della Consulta

La Consulta ha accolto il ricorso presentato dalla presidenza del Consiglio contro la norma campana che stabiliva che il conteggio dei mandati dovesse partire da quello in corso al momento dell’entrata in vigore della nuova legge. In pratica, la modifica avrebbe azzerato i precedenti mandati di De Luca, permettendogli di candidarsi nuovamente. Ma per i giudici costituzionali questa norma viola l’articolo 122 della Costituzione e i principi fondamentali fissati dalla legge statale n. 165 del 2004, che prevede un massimo di due mandati consecutivi per i presidenti di Regione.

Un principio valido per tutte le Regioni ordinarie

La pronuncia è arrivata al termine di una camera di consiglio durata circa quattro ore. Secondo la Corte, il legislatore regionale ha reso inapplicabile il principio fondamentale stabilito dalla normativa nazionale, interferendo con un ambito riservato ai principi generali dello Stato. Il divieto al terzo mandato, precisano i giudici, si applica automaticamente in tutte le Regioni ordinarie una volta introdotta una legge elettorale che preveda l’elezione diretta del presidente.

La linea difensiva della Regione Campania

I legali della Regione Campania avevano sostenuto che, in assenza di una norma costituzionale esplicita, il limite ai mandati dovesse essere regolato dalle singole regioni. Hanno citato come esempi le leggi regionali di Marche, Piemonte e Veneto, che calcolano i mandati solo da dopo l’approvazione delle relative norme locali. Tuttavia, la Corte ha respinto questa impostazione, ribadendo che i principi fondamentali in materia elettorale spettano allo Stato, mentre alle Regioni è lasciato margine solo per la disciplina attuativa.

Gli effetti sulla politica nazionale

La decisione ha riflessi anche su altri scenari politici. In Veneto, Luca Zaia — al potere dal 2010 — attendeva proprio la pronuncia della Consulta per valutare un’eventuale nuova candidatura. Il verdetto mette un freno anche alle ambizioni della Lega, che aveva ribadito la volontà di mantenere la guida delle regioni dove già governa. Ma Fratelli d’Italia, che nel Nord Italia ha una forte base elettorale ma non amministra nessuna Regione, spinge per cambiare gli equilibri. In Veneto, il partito di Giorgia Meloni avrebbe già individuato nel senatore Raffaele Speranzon un potenziale candidato alternativo a Zaia.

I riflessi su Puglia e centrosinistra

Non si tratta solo di equilibri nel centrodestra. Anche il centrosinistra osservava con attenzione la vicenda, soprattutto in vista del possibile terzo mandato di Michele Emiliano in Puglia, altra Regione al termine del secondo mandato. In quel contesto, però, Fratelli d’Italia è ancora alla ricerca di una figura forte da candidare, mentre le tensioni interne, in particolare attorno al nome di Marcello Gemmato, rischiano di complicare ulteriormente la situazione.

Il caso Trentino e il nuovo scontro nel centrodestra

Nel frattempo, anche il Trentino è finito sotto i riflettori. Qui, in una provincia autonoma con statuto speciale, la Lega ha proposto una modifica legislativa per consentire un terzo mandato consecutivo al presidente Maurizio Fugatti. La mossa ha spaccato il centrodestra locale: due consiglieri di Fratelli d’Italia, Carlo Daldoss e Christian Girardi, hanno votato a favore della proposta e sono stati espulsi dal partito. Pur non garantendo automaticamente la ricandidatura di Fugatti, la Lega ha voluto rivendicare la libertà di lasciare agli elettori la decisione finale.

Autonomia e precedenti: il rischio contagio

Il caso trentino, proprio in virtù della sua autonomia speciale, rappresenta una partita diversa rispetto a quella campana, ma rischia di diventare un precedente politico rilevante. E la tensione tra Lega e Fratelli d’Italia continua a crescere, con i governatori del Carroccio decisi a difendere i loro fortini e il partito di Meloni che vuole ridisegnare la geografia del potere nelle Regioni.

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